Con 270 milioni Armani fa pace con il Fisco

di Nicoletta Orlandi Postidomenica 20 aprile 2014
Con 270 milioni Armani fa pace con il Fisco
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Nel backstage della sfilata Emporio Armani, Giorgio Armani, il 21 febbraio scorso, interpellato dal Sole 24 Ore riguardo al governo Renzi all'epoca in dirittura d'arrivo, aveva detto che il Fisco "è troppo pesante". "Mi auguro che ci pensi il nuovo governo", aveva auspicato lo stilista. Oggi arriva la notizia che mercoledì scorso lo stilista ha versato un assegno di 270 milioni al Fisco, l'ammontare, cioè, della transazione cui lo stilista ha avuto accesso dopo la verifica della Guardia di Finanza su tre società estere del gruppo sulla regolarità delle imposte tra il 2002 e il 2009. Società all'estero - La creazione di alcuni satelliti operativi all’estero, spiega il Sole24Ore, fu introdotta nel 2000 e per non avere problemi il gruppo Armani (2 miliardi in ricavi nel 2012) fece precedere il nuovo assetto societario con una lettera-interpello all’Agenzia delle Entrate, una sorta di nulla osta preventivo. Nel 2009 le scelte del management si orientarono verso il recupero di una direzione strategica nazionale e del ripristino conseguente del domicilio fiscale in Italia di queste società. Contenzioso chiuso - Come mai, allora, è partita la verifica? Negli ultimi tempi, spiega il Sole24Ore, la nozione di residenza fiscale societaria è nel mirino delle Fiamme gialle e dell'agenzia delle Entrate e non è escluso che, grazie all'interpello preventivo di inizio Duemila, Armani si sia in un certo senso cautelato rispetto ad ancora più pesanti richieste da parte dello Stato.  Con questo accordo (la transazione da 270 milioni) il Gruppo Armani sana infatti definitivamente la questione delle imposte pagate all’estero e riduce gli importi delle sanzioni: ogni tipo di contenzioso fiscale viene oggi archiviato.