Credeva di essere solo, di dover fare i conti soltanto con la sua coscienza: "Cricchietto. Ah, tuo padre che ti fece?". Così Stefano Di Francesco, 64 anni, si sfogava sulla tomba del figlio Piero, che aveva ucciso. Ma su quella tomba c'era una microspia: così, due anni dopo l'omicidio, Di Francesco è stato arrestato. Piero, la vittima, era un imprenditore di Riesi (Caltanissetta) il cui corpo carbonizzato fu trovato dentro un'auto il 9 gennaio del 2012. Il padre, dunque, confessa sulla tomba del figlio, dove i militari avevano piazzato una microspia, sulla lapide. L'uomo, non sapendo di essere intercettato e parlando con il figlio morto, ammette le sue responsabilità. Una confessione di fatto, per gli investigatori, che spiegano: "In un'altra conversazione Stefano Di Francesco dice che doveva morire l'altro figlio e non Piero". La ricostruzione - L'uomo aveva avuto atteggiamenti violenti nei confronti dei figli. Scavando nella vita padre, i militari hanno scoperto la sua indole violenta: appena sei mesi prima dell'omicidio, per una questione riguardante l'azienda di famiglia, aveva colpito il figlio a martellate sulle ginocchia. I rapporti tra Stefano Di Francesco e i due figli maschi erano tesissimi. L'uomo, dopo il fallimento, aveva passato il comando della ditta ai figli, e una volta riabilitato - spiegano gli investigatori - voleva riprendere il suoposto alla guida dell'azienda, a tutti i costi. Forse anche a costo di uccidere. I figli però si opposero al suo ritorno alla guida della società. La mattina dell'omicidio padre e figlio si erano incontrati per un chiarimento e, probabilmente al culmine dell’ennesima discussione, Stefano avrebbe colpito il figlio con una vanga, per poi mettere in scena il rogo dell'auto per depistare le indagini.