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Coronavirus, quanto può durare l'allarme contagio. Il parere di Filippo Facci

Filippo Facci
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Dobbiamo rassegnarci alle poche verità disponibili. C' è troppa informazione e poi tutti hanno un cugino, un medico o un farmacista che ha confidato delle verità indicibili: lasciate perdere. Questa cosa del coronavirus durerà ancora diversi mesi e bisogna mettersi in testa che il contrario è impossibile: non ci saranno colpi di scena positivi, ma solo scenari che in buona parte sono prevedibili rispetto ad altri che non sono prevedibili da nessuno. Le poche cose prevedibili sono le seguenti. In generale: questa è la prima epidemia del mondo globalizzato laddove la velocità della comunicazione è superiore persino a quella dei virus, e questo ha conseguenze, perché la paura si è rivelato il più potente aggregante della nostra epoca. Parliamo di un virus molto contagioso, persistente, ma con un tasso di mortalità basso. Su questo e altro, gli unici dati seri sono quelli dell' Istituto superiore della sanità legato al ministero, che comunica i casi confermati da un doppio esame; molte Regioni non hanno atteso la convalida del ministero e hanno fatto casino, oppure, nel caso della Lombardia, il protocollo sanitario regionale e quello del governo sono diversi tra loro. In secondo luogo: il virus non si può fermare. Non si può farlo perché è appunto molto contagioso (essendo nuovo: ma non «nuovo» in un modo suo specifico, nuovo come lo è qualsiasi altro virus nuovo, che non c' era) e questo in un mondo che è collegato come non lo era mai stato. Neppure in Cina sono ancora riusciti davvero a «contenere» il virus: e lì ci sono condizioni per poterlo fare che da noi sono impensabili. Contenere non significa bloccare, ma governarne la crescita e, un giorno, una decrescita che i mesi caldi - da noi - potrebbero favorire. A ogni modo, con certezza, la fase più pericolosa non terminerà prima di fine giugno. È assolutamente possibile che metà e oltre della popolazione mondiale si prenda prima o poi il coronavirus, o meglio, ripetiamolo: prenda "un" coronavirus, che nonostante i distinguo resta un tipo di influenza. "Questo" coronavirus si chiama Covid 19 e resterà in circolazione per anni (come altri coronavirus già noti) ma per la maggior parte di noi, alla fine, equivarrà a una febbre o a un raffreddore, anche perché frattanto svilupperemo degli anticorpi (o arriverà un vaccino) e magari ci beccheremo questo coronavirus senza nemmeno sapere di averlo avuto. Di vaccini ora è inutile occuparsi: ce ne sono più di dieci allo studio, ma la sperimentazione è lunga e comincerà da primavera. Quello che si sta cercando di fare è appunto "contenere" il virus, nel senso di rallentare un' ascesa che ci sarà lo stesso. Rallentarla significa spalmarla nel tempo, in modo che un picco improvviso non fermi l' economia di un Paese e di un Pianeta, altrimenti nulla funzionerebbe più. Pensate alla questione dei posti in ospedale per quanti avessero bisogno di una terapia intensiva, visto che questo virus colpisce soprattutto le vie respiratorie. Quando leggete di «rallentamento» significa solo che a Wuhan, per esempio, è stato contenuto, e cioè rallentato, l' aumento rapidissimo che c' era, ma che ci sarà comunque. Si tratta di riportare le epidemie locali sotto controllo. Si parla perciò di «contenimento» (mitigazione, distanziamento) al fine di ridurre velocità di trasmissione e le relative emergenze pratiche.

 

 

 

L' incubazione del virus varia da 1 a 14 giorni, con una mediana di 5-6 giorni, ma può raggiungere anche i 24 giorni. Questo risulta. Il tempo che passa tra l' inizio della malattia e il ricovero in ospedale (quindi il tempo necessario perché la malattia diventi grave) varia dai 9 ai 12,5 giorni: è in questo periodo di tempo che si interviene clinicamente. Che poi sono terapie simili a quelle che si fanno per le polmoniti virali: supporto e integrazione di ossigeno I tassi di mortalità sono bassi, ma non ancora stabiliti con precisione: ed è normale, perché un calcolo esatto si potrebbe avere solo a epidemia finita. Si va dall' uno al 3 per cento, anche se non mancano studi più pessimisti. Ma, nella sostanza, non è in discussione la progressione: un bambino da 0 a 10 anni ha zero probabilità di morire, dai 10 ai 30 anni si sale allo 0,2 e dintorni, i tassi peggiori (dall' 8 al 14) riguardano le persone dai 60 ai 90 anni, gli anziani, come in tutte le influenze del mondo. Come detto, il vero problema è nella necessità di ricoveri in terapia intensiva o in rianimazione: devono esserci posti a sufficienza. Tra le varie complicazioni c' è lo stabilire quante persone sono morte per cause diverse dal coronavirus, oppure con il coronavirus a dare solo un colpo di grazia a organismi ammalati d' altro: in Italia l' accertamento di morte è di competenza del medico legale e non dell' Istituto superiore di sanità, che eventualmente può dare un parere, ma non una conferma ufficiale. La faccenda è importante: nell' influenza «normale», per dire, le morti sono solo 300 dirette su 8.000 indirette. Ne consegue che la vera emergenza è evitare che una nazione si ammali tutta e contemporaneamente: non potrebbe curarsi e andrebbe in rovina economica. L' epidemia non si può fermare, ma si può tentare di «diluirla» nel tempo. Non è detto che la diluizione faccia calare le vittime, ma lo renderebbe un minimo più probabile (perché ci sarà tempo per sviluppare vaccini e anticorpi, come detto) e manterrà in vita l' economia pur tramortita, rallentata, ferita. È bastata una decina di giorni per mandare tutti nel panico economico e per preventivare danni a lungo termine. La comunicazione in questo senso è importantissima. Il «Milano riparte» è stato un atto irresponsabile, per esempio. Il governo le cazzate più grosse le ha già combinate soprattutto in termini di comunicazione, contribuendo alla diffusione del panico o dell' incertezza. In Italia abbiamo dato un nome a migliaia di casi di sindrome influenzale chiamandoli Covid19, in Germania e Francia invece hanno continuato a chiamarla influenza anche perché spesso le misure intraprese sono identiche. Le conseguenze della «sovradiagnosi» italiana (o sottodiagnosi estera) sono che da noi l' economia ha preso a traballare, e agli occhi dell' Europa siamo diventati degli untori. Conclusione: non c' è da contare i giorni prima che questa cosa finisca, altrimenti non ci passerà più. Aeroporti, stazioni e centri di aggregazione non torneranno riconoscibili da un giorno all' altro. Parecchi dovranno riprogrammare le vacanze. Forse qualcuno perderà il lavoro. Qualche locale chiuderà. Ci saranno dei licenziati. Forse qualcuno studierà da casa, perché le scuole sono i più grandi moltiplicatori di virus che esistano a danno dei genitori, spesso dei nonni, i più vulnerabili a qualsiasi virus del mondo. Ma la decisione di chiudere/riaprire le scuole è in mano ai politici (neppure i loro consulenti concordano) e quindi non c' è sicurezza neanche su questo. Per logica dovrebbero rimanere chiuse per parecchio ancora, ma la logica non è la specialità della casa.

 

 

 

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