
Coronavirus a Bergamo, tutta colpa del calcio: il sospetto sul contagio tra Atalanta e Codogno

Per tentare di capire il calvario di Bergamo e della sua magnifica gente sempre più spesso, e a voce meno bassa, si è citato un evento, meraviglioso per la città e non solo: San Siro, mercoledì 19 febbraio, Champions League. Atalanta 4, Valencia 1, e 45mila persone il cui buon 90% si è contemporaneamente mosso da una ristretta fascia di territorio, Bergamo e la sua provincia, specie quella più prossima alla città. Tutti stretti intorno ai neroblu, in quello stadio.
La vulgata, sposata o contestata, ha lasciato il posto ai fatti. Basta passare dai forum dei tifosi della Dea, e leggere un racconto, una testimonianza: «Da San Siro al Mestalla via Covid-19». La notte di San Siro, la gioia violenta, gli abbracci e i brindisi. Poi, già dal giorno seguente, i primi brividi, i dolori, la febbre e quel respiro che si tronca. La rianimazione e poi, per fortuna, la vita ripresa al volo e la guarigione, proprio in corrispondenza del ritorno, vissuta come un lieto fine personale, ma non della battaglia di tutti. Altri fatti sono risultati la positività di alcuni tifosi venuti da Valencia, e quelli di un giornalista. E oggi, il 35% dello staff della squadra spagnola è infetto: tutto tace dal fronte dell'Atalanta, i cui giocatori e tecnici sono in isolamento.
«NESSUN SINTOMO»
L'esplosione del caso Bergamo - con l'impressionante decollo di contagi - è collocato nei giorni tra il 29 febbraio e il 3 marzo: in perfetta linea con i tempi di incubazione (in media 10-12 giorni) collegati alla partita. Il virus era già a San Siro, che è stato il detonatore: e la testimonianza riportata - con i primi problemi già in atto l'indomani - fa capire che il calendario va riportato indietro di altri 10 giorni. Primo focolaio, tutti sanno, il Lodigiano: Codogno, Casalpusterlengo, Castiglione. Primi casi nel Bergamasco in bassa Val Seriana: e qualcuno ha subito collegato un'altra partita: 9 febbraio, AlbinoGandino-Codogno, campionato di Eccellenza. Codogno che la settimana seguente ha poi incontrato un'altra squadra della provincia, il Mapello.
"Una sepoltura ogni 30 minuti". Dal bergamasco Pagnoncelli una testimonianza terrificante
Calcio come denominatore comune, Atalanta passione di molti calciatori dei due team locali: un calciatore dell'Albino assicura tuttavia che nessuno è andato allo stadio, c'era allenamento quel mercoledì. A Mapello qualche dubbio, ma il punto, in entrambi i casi, è che nel due gruppi non si è sono registrate crisi, nessun malessere, al massimo qualche fastidio passeggero. Da parte sua il ds del Codogno, Marseglia, sorride a denti stretti: «Non solo fin qui siamo stati bene tutti, ma mai come quest'anno abbiamo avuto pochi influenzati». Brutto - e ingiusto - sospettarli di inconsapevole diffusione di questo virus bastardo. La squadra, come il resto d'Italia che è asintomatico, non è mai stata controllata e forse era opportuno: solo quattro calciatori vivono nel territorio divenuto "zona rossa". Gli altri vivono fuori, uno proprio a Seriate. Senza test, nulla è provabile, nulla è ricostruibile. I sospetti, le teorie resistono come il Covid-19. Bergamo non se la meritava proprio, in tutti i casi: ma tradita dalla passione, sarebbe davvero troppo.
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