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Indro Montanelli, altro sfregio: il fantoccio di una bimba eritrea in braccio alla statua

Antonio Rapisarda
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Per ottenere il warholiano quarto d'ora di celebrità - altrimenti nisba - a Milano ormai è necessario prendersela con la statua di Indro Montanelli ai giardini di Porta Venezia. Dopo i neocensori chiamati Sentinelli e gli studenti imbrattatori della LuMe, ieri è stato il turno di Cristina Donati Meyer: una che si autodefinisce «artivista». Eh già. Che cosa ha pensato fare costei in una calda domenica di giugno? Ha "integrato" il bronzo che raffigura il più grande fra i giornalisti italiani con il fantoccio di una bambina eritrea. Nelle sue intenzioni corrisponderebbe tout court alla «schiava sessuale, che il giornalista comprò in Eritrea, durante l'occupazione italiana» nel 1936. È la stessa Meyer a celebrare la sua "impresa": «Elusa la sorveglianza della polizia e scavalcando la doppia fila di reti e transenne ho posato in braccio alla statua del giornalista il fantoccio e affisso un cartello esplicativo: "Il monumento a Montanelli, così, è completo"». Stavolta nessun atto vandalico ma solo la tiritera umanitarista con cui - partendo dagli States e dal movimento Black lives Matter - si continuano a giustificare gli attacchi iconoclasti, "talebani" e sommari contro le figure di primo piano della storia.

 

 

 

«Non occorreva colorare la statua - ha spiegato nel suo comunicato in riferimento a chi ha imbrattato il monumento qualche giorno fa -, era sufficiente aggiungere sulle ginocchia la bambina eritrea di dodici anni della quale abusò da soldato colonialista». Nessuna contestualizzazione storica né tentativo di rievocare la complessità di un'esperienza (come invece ha invitato a fare persino il sindaco di Milano Giuseppe Sala): solo la bacchettata moralista di chi si è messo in testa di "risemantizzare" la storia. Ma c'è di più. La performer ha chiuso il suo ragionamento ammettendo che la vicenda di Montanelli in sé è solo una "scusa": «Occorrerebbe essere grati a Montanelli e al suo monumento il quale, fungendo in taluni casi da capro espiatorio, ha consentito alle italiane e agli italiani di conoscere un passato orrendo: quello delle guerre e aggressioni coloniali del fascismo». In attesa della prossima "impresa" contro una statua inerme, dagli Stati Uniti - dove tutto è nato - Trump canta vittoria contro i teppisti di casa propria. Il segreto? Tolleranza zero. «Da quando ho imposto una pena detentiva di 10 anni, con molte persone arrestate in tutto il nostro Paese, il vandalismo si è completamente fermato. Grazie!».

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