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Giulio Regeni, mistero sulla sua professoressa di Cambridge. Il pm: "Non ha voluto aiutare le indagini"

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Sono ancora molti i misteri sulla morte di Giulio Regeni, il giovane ricercatore italiano ucciso al Cairo nel 2016. Uno di questi riguarda la professoressa Maha Mahfouz Abdelrahman, la docente di Regeni all’università di Cambridge, ma anche colei che ne seguiva il lavoro in Egitto. Di questa donna i magistrati della Procura di Roma denunciano “l’assenza di volontà di contribuire alle indagini relative al sequestro, la tortura e l’omicidio di un suo studente; quali siano le ragioni di siffatta anomala condotta non è stato possibile, sino ad oggi, accertare”. Così ha scritto il pm Sergio Colaiocco nell’atto finale dell’inchiesta. Inoltre, come riporta il Corriere della Sera, dal computer della professoressa, acquisito tramite l’autorità giudiziaria britannica, è saltata fuori una e-mail inviata a una collega canadese il 7 febbraio 2016, quattro giorni dopo il ritrovamento del cadavere di Giulio, in cui scriveva: “Ho mandato un giovane ricercatore verso la sua morte... Indicare alle persone come fare ricerca è qualcosa che, penso, sento di non dover più fare”. Parole rivelatrici, secondo il pm, “non solo del rimorso della docente per la sorte toccata al suo ricercatore, ma anche della leggerezza che aveva caratterizzato la sua gestione del dottorando Regeni, soprattutto nella fase di invio sul campo”.

 

 

 

Dal computer del giovane ricercatore, poi, è venuto fuori che era stata proprio Abdelrahman a suggerirgli di concentrare le sue ricerche in Egitto sul “ruolo dei lavoratori nella rivoluzione nell’era post-Mubarak”, e in particolare sul ruolo dei sindacati autonomi. Lei, invece, aveva affermato che fu un’iniziativa di Regeni. Il mistero si infittisce ancora di più quando si scopre che il 7 gennaio Regeni incontrò la professoressa Abdelrahman, in trasferta al Cairo. Lei, invece, aveva detto che tra il settembre 2015 e il 25 gennaio 2016 (giorno del sequestro) “non vi erano stati contatti significativi con Giulio”. Un’altra bugia. 

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