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Generale Figliuolo, "perché deve essere cacciato". Fabbrica dell'odio, non solo Durigon: l'ultimo delirio a sinistra

Il generale Figliuolo

Alberto Busacca
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La sinistra non molla l'osso. E continua a ringhiare contro Claudio Durigon, sottosegretario leghista all'Economia. La polemica, ormai si sa, nasce dalla proposta dell'esponente del Carroccio di reintitolare ad Arnaldo Mussolini, fratello del Duce, un parco di Latina. Solo che dopo averne chiesto le dimissioni, aver annunciato una mozione di sfiducia e aver lanciato una petizione online, i giallorossi non sanno più cosa inventarsi. Così ieri si sono lasciati prendere un po' la mano, associando Durigon addirittura alla strage nazista di Sant' Anna di Stazzema, 560 morti tra cui molti bambini, di cui ricorreva l'anniversario. «Sarebbe significativo ed importante» ha scritto ad esempio su Twitter il segretario di Sinistra italiana Nicola Fratoianni, «che nel giorno dell'anniversario della strage di Stazzema il presidente del consiglio Draghi rimuovesse Durigon dal suo incarico di sottosegretario».

 

 

Concetto poi ribadito dal presidente della commissione Giustizia della Camera Mario Perantoni, deputato M5S: «Nel giorno nefasto dell'anniversario della strage nazifascista di Sant' Anna di Stazzema, il leghista Durigon abbia la decenza di onorare quelle vittime dimettendosi dal suo incarico governativo». E il Pd? Naturalmente non ha voluto essere da meno. «Sono a Sant' Anna di Stazzema», ha scritto su Facebook Andrea Romano, «per onorare ancora una volta il sacrificio di 560 innocenti assassinati da nazifascisti tedeschi e italiani e da quella cultura di morte che alimentò sempre il fascismo. Per questo non può servire il governo della Repubblica nata dalla Resistenza chi vorrebbe omaggiare nomi e simboli di quel regime di violenza, sopraffazione e rovina nazionale. Durigon deve dimettersi». E Piero Fassino, su Twitter: «Ricordare oggi i martiri di Sant' Anna di Stazzema significa contrastare ogni rigurgito neofascista e ogni revisionismo storico. E chi inneggia al fascismo, come il sottosegretario Durigon, non può rimanere al governo». Insomma, Draghi non se n'era accorto ma si è portato nell'esecutivo una specie di Himmler dell'Agro Pontino...

 

 

LUNGO ELENCO - Intanto, mentre il deputato del Pd Enrico Borghi, a Radio 24, ha confermato che la mozione di sfiducia a Durigon «sarà presentata e sarà votata», in rete cresce la petizione promossa dal Fatto quotidiano sulla piattaforma change.org. Ieri il giornale di Travaglio esultava in prima pagina per le 25mila firme (virtuali) raccolte, lamentandosi: «Ma Draghi tace ancora». Ora, sarebbe il caso di domandarsi: davvero un presidente del Consiglio, al di là del caso specifico, dovrebbe decidere se cacciare o meno un sottosegretario sulla base di una petizione su change.org? Il rischio, tra l'altro, è che l'elenco delle persone da mandare a casa diventi molto lungo... Per capirsi, cercando sulla piattaforma la parola "dimissioni" si trovano la bellezza di 818 raccolte firme.

E con "radiazione" altre 108. Quasi un migliaio. Ce n'è per tutti i gusti, anche se nella gran parte dei casi si tratta evidentemente dei gusti della sinistra. Oltre a Durigon, il "popolo della rete" che si ritrova su change.org chiede la testa, solo per fare qualche esempio in ordine sparso, anche di Roberto Calderoli, Simone Pillon, Letizia Moratti e Giovanni Toti. Ma ci sono pure i pezzi da novanta come il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il generale Figliuolo e la presidente della Bce Christine Lagarde. E non mancano i giornalisti. Libero, ad esempio, è ben rappresentato da petizioni contro i direttori Alessandro Sallusti, Vittorio Feltri e Pietro Senaldi (Senaldi, tra l'altro, è accusato di aver scritto che «l'Italia avrebbe subito con il coronavirus una punizione divina per aver votato in massa il Movimento 5 Stelle nel 2016», cosa evidentemente non vera...).

 

 

I COMMENTI - Firmare queste petizioni online è molto facile. Basta scrivere nome, cognome e mail. I documenti? Superflui. Il rischio che si usino generalità fittizie? Alto, naturalmente. Ma non importa. Ciò che conta è far crescere il numero delle sottoscrizioni, e magari lasciare un commento, ovviamente insultando più o meno duramente la persona della quale si richiedono le dimissioni. Insomma, un processo che ricorda abbastanza da vicino i "due minuti di odio" raccontati da George Orwell in "1984". Ma forse è meglio non ricordarlo prima che qualcuno chieda le dimissioni pure di Orwell... Ps: la petizione del Fatto ieri sera aveva superato le 80mila firme. Se conta qualcosa...

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