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Papa Francesco, "la gente non vi ascolta": altro tsunami in Vaticano, come stravolge le prediche

Caterina Maniaci
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Dai cinque agli otto minuti è il tempo "perfetto", dieci al massimo. Poi si rischia di far precipitare tutti nel vortice della noia e della distrazione. Lo dichiarano praticamente tutti gli esperti di omiletica, lo studio e la pratica dello scrivere e del predicare omelie. E lo ribadisce, ancora una volta, papa Francesco. Nel suo discorso ai vescovi e al clero della Slovacchia nella cattedrale di San Martino, durante la sua visita a Bratislava, il Pontefice parla dunque di un argomento che gli sta particolarmente a cuore e che ha affrontato molte volte, ossia la predicazione. Ora torna sul tema e lo fa con decisione. Partendo da una critica rivolta alla "Evangelii gaudium" nella quale secondo alcuni, spiega lui stesso, «mi sono fermato troppo sull'omelia, perché è uno dei problemi di questo tempo». 

 

Non una questione secondaria e di "costume", ma un autentico problema, che rischia di allontanare i fedeli dalle parrocchie, già piuttosto in crisi di presenze. «Pensiamo ai fedeli che devono sentire omelie di 40 minuti, 50 minuti, su argomenti che non capiscono, che non li toccano... Per favore, sacerdoti e vescovi», esorta Francesco, «pensate bene come preparare l'omelia, come farla, perché ci sia un contatto con la gente e prendano ispirazione dal testo bibli co». Come dovrebbe essere l'omelia "perfetta"? «Un'omelia, di solito, non deve andare oltre i dieci minuti, perché la gente dopo otto minuti perde l'attenzione, a patto che sia molto interessante. Ma il tempo dovrebbe essere 10-15 minuti, non di più». E cita un professore di omiletica secondo il cui giudizio «un'omelia deve avere coerenza interna: un'idea, un'immagine e un affetto; che lagente se ne vada con un'idea, un'immagine e qualcosa che si è mosso nel cuore». 

Il vero modello, comunque, rimane il Vangelo: «Così, semplice, è l'annuncio del Vangelo! E così predicava, Gesù che prendeva gli uccelli, che prendeva i campi, che prendeva questo... cose concrete, ma che la gente capiva. Scusatemi se torno su questo, ma a me preoccupa». Si concede anche una battuta, dopo gli applausi dei fedeli presenti: «Mi permetto una malignità: l'applauso lo hanno incominciato le suore, che sono vittime delle nostre omelie!». L'invito di Papa Francesco ai sacerdoti a "stare stretti" sulla predica durante le celebrazioni eucaristiche, e in un certo senso di avere un timer interno che scatti al decimo minuto di predica, è stato rivolto più e più volte, ad esempio nel febbraio 2018 nel corso di un'udienza generale dedicata alla catechesi della messa, quando ha detto chiaro e tondo: «Lo sappiamo tutti, c'è chi prende sonno o addirittura esce a fumare una sigaretta. Quindi l'omelia sia breve e preparata in anticipo». 

 

E nel tempo ha sempre richiamato a non cadere anche in altri errori, tipo discorsi troppo eruditi o convinti di dover fare intrattenimento, essere degli showmen. Concetti ribaditi da saggi, studi e interventi su tema, come ad esempio il saggio di Ugo Sartorio, francescano, teologo e giornalista, che nel suo libro "Omelia, evento comunicativo" in cui si profila un decalogo della omelia capace di non opprimere i fedeli, in primis la brevità del discorso, con un tono amichevole e cordiale, che non prescindano dal Vangelo appena proclamato, e, tra le altre cose, che sappia infondere coraggio e speranza in chi ascolta. Tornando al Papa nella cattedrale slovacca, ecco un altro inciso pronunciato a braccio, con un tono quasi confidenziale, sul tema della Chiesache deve essere «segno di libertà e di accoglienza», mai opprimente. Racconta di aver ricevuto, tempo fa, la lettera di un vescovo che parlava di un nunzio: «Diceva: "Mah, noi siamo stati 400 anni sotto i turchi e abbiamo sofferto. Poi 50 sotto il comunismo e abbiamo sofferto. Ma i sette anni con questo Nunzio sono stati peggiori delle altre due cose!". A volte mi domando: quanta gente può dire lo stesso del vescovo che ha o del parroco? No, senza libertà, senza paternità le cose non vanno».

 

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