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Roma, l'incendio del Ponte di Ferro è "un complotto contro la Raggi". M5s, sospetti pazzeschi

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E così, nella sua ultima notte, la disavventura grillina targata Raggi (a meno di clamorosi e improbabili colpi di scena) è sfumata fatalmente sotto le sembianze annerite di uno dei simboli dell'archeologia industriale di Roma: il Ponte dell'Industria. Non era ancora scoccata la mezzanotte di ieri l'altro, infatti, quando sui social sono iniziate a circolare decine di immagini del rogo della struttura in ferro, costruita a fine '800, che collega i quartieri di Trastevere e Ostiense. Uno snodo a cavallo di una zona frequentatissima - siamo nel rione Testaccio - della movida capitolina.

 

 

 

 

 

NESSUN FERITO - Dopo lo sgomento iniziale, con la diretta che immortala il crollo di una porzione laterale del ponte nella penombra di una zona rimasta per ore senza luce a causa dell'incendio, il sollievo: per fortuna nessun ferito. Passata la paura, però, a restare è il dato politico, l'affresco di una stagione. C'è chi ha tirato subito fuori la "leggenda nera" - «Virginia Nerone!» -, c'è chi più semplicemente considera ciò che è avvenuto, a poche ore dall'apertura dei seggi elettorali, come l'ultima pagina di una giunta implosa fra autobus flambé, "primati" internazionali come «città più sporca al mondo», cinghiali e gabbiani ad occupare le strade, buche larghe come voragini, crollo della qualità della vita e caos amministrativo. Ad aggravare la rabbia dei romani (ci vorranno mesi per riaprire il ponte, con un ulteriore aggravio del traffico) le ipotesi sull'origine del rogo: i fornelli a gas utilizzati da alcuni nomadi e clochard accampati da tempo sotto al ponte. Da lì sarebbe partito l'incendio («Nemmeno il primo», come lamentano i residenti) per poi propagarsi su alcune sterpaglie non potate, con le fiamme che hanno subito avvolto le tubature e i cavi dell'elettricità che correvano lungo il ponte.

 

 

 

 

 

 

Già nella notte Virginia Raggi, accorsa nel luogo, non ha potuto che alzare le mani davanti al disastro: «Mi stringe il cuore a vedere un pezzo di storia ridotto così». Ieri mattina, poi, invece dell'assunzione di responsabilità è arrivata l'autoassoluzione vittimistica: «Aspettiamo l'esito delle indagini. Io non mollo. Amo Roma». Segue il solito ritornello: «Sono scomoda». Il suo vice, infrangendo il silenzio elettorale, ha fatto di più: ha evocato la sempreverde teoria del complotto. «Accade oggi - ha spiegato Piero Calabrese -, quando a Roma si vota per la riconferma di Virginia Raggi a sindaca della Capitale, dopo un quinquennio con incendi di tutti i tipi, mentre veniva ripristinata la legalità e risanate le casse». Di certo invece, seguendo fonti degli inquirenti, sembra chiaramente escluso il rogo di natura dolosa. Emergono, al contrario, i rilievi dell'incuria del Comune ma anche della mancata vigilanza da parte di chi è predisposto dal Viminale all'ordine pubblico. Un punto su cui insiste tutto il centrodestra. Per Giorgia Meloni, il fatto che l'incendio sia scoppiato in un accampamento abusivo, «stile baraccopoli, sulle sponde del Tevere» è il sintomo di una duplice responsabilità: di una Nazione «allo sbando, dove regna l'illegalità grazie al ministro dell'Interno Lamorgese» e di una città «nel pieno degrado grazie alla giunta Raggi. Il risultato è la Capitale d'Italia che crolla. In tutti i sensi».

 

 

E LA MANUTENZIONE? - Sulla stessa scia il coordinatore regionale della Lega Claudio Durigon: «Nella Capitale purtroppo mancano manutenzioni e controlli sul territorio. E questi sono i risultati disastrosi anche sul piano dell'immagine». Infine, per il commissario romano di Forza Italia Maurizio Gasparri, l'incendio del Ponte dell'Industria rappresenta un céliniano viaggio «al termine di cinque anni di incapacità, di incompetenza. In sostanza: cinque anni di grillismo». 

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