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Hacker, come ti spiano a letto mentre... e a quanto rivendono i video: choc in Italia

Massimo Sanvito
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Nelle stanze e nei bagni degli appartamenti. Nelle camere da letto degli alberghi. Negli spogliatoi delle palestre. Persino negli uffici delle aziende e negli studi medici. I loro occhi arrivavano ovunque. Nascosti dietro le telecamere di videosorveglianza privata in cui riuscivano a penetrare violando la privacy di migliaia di persone. Volevano rubare momenti piccanti: rapporti sessuali o atti di autoeurotismo. La polizia postale di Milano, coordinata da quella romana e dalla procura del capoluogo lombardo, ha portato a termine l'operazione "Rear Window" dal titolo del celebre film di Hitchcock ("La finestra sul cortile"): al momento viene contestato l'accesso abusivo a sistemi informatici, anche con casi di associazione a delinquere, ma potrebbe presto aprirsi un fascicolo per il possesso di materiale pedopornografico.

IMMAGINI DI BIMBI - I guardoni 2.0, infatti, sono riusciti a carpire anche immagini di bambini e ragazzini. Resta da capire quanto consapevolmente o meno. Tutto è cominciato nel 2019, quando la polizia postale neozelandese ha segnalato una persona sospettata di scambiare immagini pedopornografiche sul web. Dalle analisi sul suo telefono è venuto a galla un giro di foto e video, rubati da telecamere private, che non lasciavano spazio ad alcun dubbio. Un altro filone ha portato invece al sequestro da parte delle polizie postali di Milano, Napoli e Catania di dieci smartphone, tre workstation, cinque computer portatili, dodici hard disk e svariati spazi cloud, per un totale di 50 terabyte di materiale. 

 

 

Decisiva la segnalazione di un uomo che sul web aveva trovato filmati girati all'interno della piscina che frequentava. Undici, in totale, le persone finite sotto la lente d'ingrandimento (dieci italiani, di cui uno scappato in Svizzera, e un ucraino irreperibile), dieci le perquisizioni effettuate negli ultimi giorni e altrettante le città di tutta Italia coinvolte. Lo schema era semplice e collaudato. All'interno delle due organizzazioni criminali smantellate dagli investigatori ruoli e compiti erano ben definiti. C'erano gli smanettoni esperti di informatica che setacciavano la rete a caccia di sistemi di videosorveglianza connessi a internet per rubare le password dei videoregistratori digitali. Poi c'erano gli addetti alle verifiche della tipologia degli impianti, degli ambienti inquadrati e della qualità delle riprese. L'obiettivo numero uno era quello di scovare telecamere puntate nei luoghi più intimi, come bagni e camere da letto. Lo scopo finale, ovviamente, era quello di vendere online il materiale raccolto o addirittura le credenziali d'accesso in modo che i "clienti" facessero tutto da soli.

 

 

Due i veicoli usati: dapprima il social network VKontakte, il cosiddetto Facebook russo, poi Telegram. I guardoni pirati del web avevano un canale da oltre 10.000 utenti per pubblicizzare i loro servizi fornendo piccoli antipasti dei filmati: con 20 euro si poteva poi accedere a un altro canale (2.000 iscritti) che proponeva video integrali e con altri 20 euro si potevano ottenere le password per entrare in autonomia nei sistemi violati. Solo un centinaio di persone era arrivato al livello più alto. E i proventi? Che fine facevano? L'organizzazione a cui è stata contestata l'associazione per delinquere reinvestiva subito il denaro acquistando strumentazioni tecnologiche sempre più sofisticate, mentre l'altra, in circa sei mesi di attività, era riuscita ad acquistare criptovalute per circa 50.000 euro. Resta ora da capire, e sarà compito degli investigatori, se i due gruppi fossero in qualche modo collegati tra loro. Stando ai magistrati milanesi, questa operazione altro non sarebbe che la punta dell'iceberg.

SISTEMI DI SORVEGLIANZA - Per ogni organizzazione criminale messa ko ce ne sarebbero molte altre che continuano a lavorare nelle zone d'ombra del web. Due le questioni in campo: la vulnerabilità dei sistemi di sorveglianza e il nutrito esercito di persone alla ricerca di immagini hot, anche pedopornografiche. I consigli sono sempre gli stessi: affidarsi a professionisti affidabili ed evitare soluzioni "fai da te" nell'installazione degli impianti; cambiare immediatamente le password fornite automaticamente e sceglierne di complicate (con maiuscole, minuscole, caratteri speciali e cifre); evitare di usare le telecamere per monitorare i propri figli; evitare anche che le telecamere inquadrino i luoghi più sensibili della propria casa. Su tutti camere da letto e bagni: è lì che i depravati vogliono colpire.

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