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Maturità, caos del ministero sulle tracce: tutti i pasticci e gli errori nella prova di italiano

Massimo Arcangeli
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Con l'inquadramento critico di un brano di Nedda nella poetica del verismo, nella prova d'italiano dell'esame di maturità, torniamo indietro di quasi un secolo. Per il selezionatore ministeriale, incurante del progresso degli studi sulla critica verghiana, sono stati sufficienti l'ambientazione rusticana isolana in sostituzione di quella mondana "continentale" e l'interesse per i disgraziati e rassegnati (i "vinti") a fare del "bozzetto siciliano" una novella verista.

 

 

Chiedeva la traccia: «Individua nel brano i principali elementi riferibili al verismo» (punto 2). E poi: «Quali espedienti narrativi e stilistici utilizza l'autore nella descrizione fisica della protagonista e quali effetti espressivi sono determinati dal suo procedimento descrittivo?» (punto 3). Peccato che gli aspetti formali e strutturali del bozzetto, fatta eccezione per qualche flebile spia anticipatoria dello stile che verrà, rinviino a un Verga tardo-romantico e scapigliato, ancora situato ben al di qua della linea di demarcazione che varcherà con la franca adesione ai tratti linguistici, stilistici, narrativi che riconosciamo essere tipici del verismo. Già il grande critico Attilio Momigliano, negli anni Trenta del '900, aveva parlato di Nedda come di una «"pietosa istoria", raccontata da un borghese di buon cuore».

 

 

Sono rari nella novella, e praticamente assenti nel passo proposto ai maturandi, gli elementi di quella focalizzazione interna che fa sì che l'autore/narratore non si discosti più di tanto dai suoi personaggi, viva le loro esperienze, si faccia carico dei loro giudizi, parli la loro lingua senza dare l'impressione di volerla oltrepassare, di voler dire anche solo mezza parola in più rispetto a ciò che potrebbe più o meno dire ognuno di loro. In Nedda il punto di vista è di un narratore esterno, di un cronista onnisciente che descrive la figura della protagonista, le sue azioni e il suo mondo interiore, con tutto il resto, in una lingua e in uno stile che poco o niente hanno da spartire, insieme alle strutture narrative, con la lingua e lo stile della svolta verista. L'ennesima figuraccia ministeriale, e non è l'unica. Al terzo punto della traccia sul componimento pascoliano si chiedeva: «Quale elemento lessicale è presente in ogni strofa della poesia»? Una parola - o un'espressione - identica in ciascuna delle tre strofe, tuttavia, non c'è. Si deve presumere che il legame da istituire fosse tra si difila (prima terzina), fila (seconda terzina) e fili (quartina). Ma difilarsi ('estendersi in linea retta'), rispetto a filo (fili, fila), è un'altra parola. 

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