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Argentario, lo yacht dei danesi fa strage di velisti romani: cosa è emerso, l'orrore

Claudia Osmetti
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Dall'elicottero dei soccorsi che sorvolava quello specchio di mar Tirreno, di fronte a Porto Ercole e all'Argentario, a pochissima distanza dalle acque che hanno circondato il relitto della Costa Concordia nel 2012, sabato sera e ieri mattina, lo vedevi subito. D'altronde non c'era nulla attorno. Notavi solo quello yacht. Mezzo riverso, mezzo incrinato. Con un gommone rosso della Capitaneria di porto davanti. È il giorno dopo la tragedia: il giorno dopo lo scontro assurdo, in un sabato pomeriggio di fine luglio, sotto il sole caldissimo di un'estate inclemente, con il mare calmo (ironia della sorte) e la visibilità buona, tra un'imbarcazione a motore e una barca a vela. L'impatto. Il rumore che qualcuno spergiura di averlo sentito anche dalla terraferma. E un bilancio drammatico: un uomo morto (il cui cadavere è stato recuperato) e una donna dispersa (le speranze di trovarla ancora viva sono pressoché nulle). Lui si chiama Andrea Giorgio Coen: ha (anzi, aveva) 59 anni. Originario di Biella e residente a Roma. Lei è Anna Claudia Cartoni: insegna ginnastica, è impegnata nell'assistenza ai bimbi disabili, è una sessantenne romana come suo marito, Fernando Manzo, un altro passeggero coinvolto nell'incidente.

COME SUL GARDA - In tutto sono sei, i velisti che viaggiavano su quei dieci metri di barca urtati, violentemente, alle 17.20 di due giorni fa, da un motoscafo lanciato ad alta velocità, probabilmente con il pilota automatico inserito- questa l'ipotesi più accreditata- con a bordo quattro cittadini danesi. Lesioni, naufragio e omicidio colposo. Sono queste le ipotesi di retato su cui sta lavorando la procura di Grosseto. Omicidio colposo, come per i due tedeschi condanni in primo grado nel marzo scorso, per un incidente analogo, questa volta sul lago di Garda, nella sua sponda bresciana. Anche loro erano stranieri, anche loro guidavano un motoscafo, anche loro hanno travolto un gozzo (cioè una piccola barchetta da pesca), anche lì sono morte due persone, Umberto Garzarella e Greta Nedrotti.
Anche allora (il caso è del giugno 2021) si era sollevato un polverone, una polemica sfociata nella possibilità di aggiornare il codice di navigazione, di introdurre l'omicidio nautico, identico in tutto e per tutto a quello stradale, che voleva dire una cosa soltanto: pene più severe, specie per i "pirati" del mare, per quelli che scappano senza neanche prestare soccorso. Non se n'è fatto nulla.
O, meglio, a febbraio, il Senato ha approvato il testo della legge che doveva passare al vaglio della Camera, ma a quel punto si è arenata (per dirla con la terminologia marinara).
Adesso la legislatura si è sciolta e tanti saluti. Impossibile cavarci qualcosa, toccherà al prossimo Parlamento ripescarla (sempre per restare in gergo) e vedere di arrivare al punto.
Quel che non si arena, però, e fortunatamente, oggi sono le ricerche all'Argentario.
Quell'elicottero che guarda dall'alto, che scruta ogni onda per cercare Anna Claudia. Quelle ambulanze che hanno portato in ospedale, a Grosseto e a Orbetello, quattro feriti (due donne e due uomini, la metà di loro è già stata dimessa). Quei medici e paramedici che tengono sotto stretta osservazione un altro uomo, che non sarebbe in pericolo di vita, ma le sue condizioni sono più gravi rispetto agli altri. Quell'ufficio circondariale marittimo di Porto Santo Stefano che è in prima linea: sotto il coordinamento della centrale operativa della direzione marittima di Livorno, assieme alla Guardia costiera, ai mezzi aeronavali della Guardia di finanza e a una squadra di sub dei Vigili del fuoco e ai Carabinieri, sta perlustrando ogni ogni tratto di mare. Verrà utilizzato anche un robot subacqueo, automatizzato e in grado di scendere fino a 150 metri di profondità.

INDAGINI IN CORSO - Sono dieci, in tutto, le persone coinvolte nello scontro: lo fa sapere proprio la Guardia costiera. I conti tornano: quattro danesi e sei italiani: «Sono in corso le indagini dei militari dell'ufficio circondariale marittimo», aggiunge una nota. Nel corso della giornata le imbarcazioni (o quel che ne resta, perché la barca a vela, nell'impatto, si è spezzata) finiscono sotto sequestro, traghettate a Porto Ercole a disposizione delle autorità. Ma intanto lasciano il luogo dell'incidente in una carovana che trascina con se anche incertezza, sgomento e incredulità. Perché è insensato morire così, in vacanza, in un giorno che dovrebbe essere di festa e invece si trasforma in un dramma.

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