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Emanuela Orlandi, la mossa dell'uomo di Papa Francesco: chi vuole silenziare

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Questa commissione non s'ha da fare. Lo ha fatto capire chiaramente Alessandro Diddi durante l'audizione al Senato in vista del voto definitivo sull'istituzione della Commissione bicamerale d'inchiesta sul caso Orlandi e Gregori. Il promotore di Giustizia dello Stato Vaticano (l'equivalente di un procuratore della Repubblica italiano) incaricato da Papa Francesco di riaprire l'inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, secondo il resoconto del Corriere, ha avvisato il parlamento italiano che Oltre Tevere non gradiscono interferenze.

"Ritengo che in questo momento aprire una terza indagine che segue logiche e forme diverse dall'autorità giudiziaria, sarebbe un'intromissione anche perniciosa per la genuinità delle indagini in corso", ha dichiarato Diddi. "Purtroppo", ha aggiunto, "un eccesso di interesse dell'opinione pubblica può costituire un inquinamento della genuinità del lavoro che stiamo svolgendo in collaborazione con la procura di Roma".  Ma è la successiva precisazione del promotore di giustizia a evocare il vero spauracchio: "Con l’avvio di ogni indagine", spiega Diddi, "se ne sviluppa una parallela sui media da evitare". Giura di non essere prevenuto ma teme l’intromissione della stampa. Fuori dall’aula Pietro Orlandi, racconta Ilaria Sacchettoni, attende di sapere quale sarà la decisione commentando solo "l’infelice uscita di Diddi". Commissione sì o no?

 

Di certo la commissione parlamentare d’inchiesta influenzerà a lungo i rapporti tra Roma e Città del Vaticano e avrà un riflesso sullo stesso pontificato di Papa Francesco. Non è un caso che Giorgia Meloni abbia personalmente tenuto a comunicare a Bergoglio nell'ultimo incontro dell’avvio delle indagini parlamentari e non è un caso che a rallentare l'iter per l'istituzione della commissione sia proprio la maggioranza. Un primo segnale si era avuto, con l'emendamento al testo base proveniente da Montecitorio presentato dal senatore Costanzo Della Porta (FdI), mirato ad accorciare a due anni la durata della commissione. Ma poi, nell'ultima seduta della I commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama, le divergenze sono esplose e per la prima volta si è fatto espressamente riferimento alla possibilità che salti l'accordo. Del cambio di linea della maggioranza si è fatto portavoce il senatore Marco Lisei (Fdi) che ha proposto di svolgere altre audizioni  "per ulteriori chiarimenti". Una pausa "per riflettere", l'ha chiamata il senatore. 

 

 

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