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Vittorio Feltri, l'appello: sfruttati e malpagati, salviamo i farmacisti

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Riguardo la carenza di medici e infermieri negli ospedali pubblici italiani si è discusso a lungo, tanto che è diffusa ormai la consapevolezza della esistenza di questa problematica, dovuta soprattutto alla circostanza che le professioni sanitarie in ambito pubblico sono diventate meno attrattive. In particolare per le donne, che costituiscono oltre il 60% dei medici, alle quali non viene assicurato un equilibrio tra lavoro e vita privata. Insomma, le condizioni lavorative sono pessime, le responsabilità gigantesche, lo stress quotidiano logorante, specialmente nei pronto soccorso. A ciò si aggiungano le aggressioni dei familiari dei pazienti, un fenomeno che in alcuni periodi ha toccato picchi preoccupanti oltre che un livello di violenza folle.

 


Adesso a scarseggiare sono anche i farmacisti, sempre in ambito pubblico. Insomma, tutti quei lavoratori che durante la pandemia sono stati in prima linea cominciano ad avvertire una sorta di stanchezza psicologica. E la colpa è nostra: ci siamo appoggiati a questi professionisti, penso ad esempio alla scelta di affidare alle farmacie il compito di eseguire tamponi e vaccinazioni, scelta che ha trasformato le farmacie in veri e propri presidi sanitari sul territorio, però non abbiamo premiato questi nuovi operatori sanitari. Agli oneri non sono stati corrisposti gli onori. Oggi in farmacia possiamo vaccinarci, “tamponarci”, misurare la pressione, fare le analisi del sangue, persino eseguire l’elettrocardiogramma, come se fossimo in una struttura sanitaria.  Quindi i servizi sono aumentati, tuttavia i compensi sono rimasti fermi. 
È cresciuto il lavoro, quindi anche le competenze richieste, eppure non gli stipendi. Ecco perché sul mercato manca la disponibilità di queste figure e nel settore pubblico vanno spesso deserte le selezioni di personale.

 


Nessuno vuole più fare il farmacista, tanto che, da un lato, sono cresciuti i casi di dimissioni, e, dall’altro, è diminuito sensibilmente, non soltanto a fronte del calo demografico, il numero degli iscritti alle facoltà di farmacia, materia alquanto impegnativa e che tuttavia non promette guadagni eccellenti. Si sgobba tanto, sovente con pesanti turni notturni oltre che festivi, gli orari sono quelli di un esercizio commerciale, le possibilità di fare carriera sono scarse, quasi nulle, al massimo si può ambire a divenire direttori della farmacia stessa, ovvero del punto vendita. L’aspirazione, ovviamente, per tutti sarebbe quella di avere una propria farmacia e fare il libero professionista, però è una possibilità preclusa alla maggior parte dei laureati in questo ramo.

 

Continuando a maltrattare certe professionalità finiremo con il perderle del tutto e questo comporterà danni ingenti alla società intera, alla cittadinanza. Di medici, infermieri, farmacisti non possiamo proprio fare a meno. Né possiamo supplirli in alcun modo. Non si tratta di mestieri che muoiono con il concludersi di un’epoca storica. Sarebbe quindi opportuno valorizzare determinate categorie, ascoltarne esigenze e bisogni, problemi e difficoltà, al fine di incoraggiare i giovani a scegliere determinati iter formativi e gli operatori che gravitano nel campo della salute e non soltanto questo a conservare il posto di lavoro.

 

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