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Andreas Reiter, il gufo austriaco sparge meteo-terrore: "Che fine farà l'Italia"

Luca Beatrice
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Fino a non troppo tempo fa la parola “futuro” si portava dietro un valore positivo, il domani sarebbe stato migliore di oggi. E invece pare non sia più così: il futurologo (che mestiere sia esattamente non si capisce) è fomentatore di disgrazie, disegnatore di scenari foschi, un apocalittico travestito da parascienziato, di lingua tedesca e sputtanatore. 

L’ultimo in ordine di apparizione si chiama Andreas Reiter, è austriaco, e sta dicendo in giro che per colpa del surriscaldamento globale il sud dell’Europa perderà molti turisti stranieri che il caldo non lo sopportano e semmai verranno in Italia in autunno oppure sceglieranno laghi e monti di cui peraltro siamo altrettanto ben forniti.
Tutti i guai della calura estiva, insomma, si sono manifestati in questo 2023 perché l’Italia ha la guida a destra, insensibile al discorso sui cambiamenti climatici e negazionista, mentre negli anni passati faceva frescolino e l’emergenza era sconosciuta. Eravamo preparati ad attacchi mirati dall’interno, forse non ci aspettavamo che ci criticassero pure dall’estero, i rappresentati del governo Spd verde di Scholtz.

Una questione culturale - a tutti noi il clima interessa, nessuno escluso - si è trasformata in polemica politica tempestiva e non casuale. Nel mirino il Bel Paese che secondo i ben informati è pronto a trasformarsi in un nuovo deserto del Sahara, rassegnato a perdere le proprie bellezze, a cominciare ovviamente da Venezia che ieri l’Unesco ha raccomandato di inserire nella lista dei Patrimoni dell’umanità in pericolo. È dai tempi di Marco Polo che Venezia rischia di essere sommersa dalle acque come Atlantide, invece è sempre là, immobile e identica a se stessa da una parte, un’esplosione di mostre, eventi, ristoranti, hotel, b&b, presa da assalto dai turisti di tutto il mondo. Meta sempre più gettonata, nonostante faccia un caldo assurdo e quando piove non ti puoi riparare, indifferente alle gufate del futurologo Reiter.

 

Secondo il World Heritage Center (ovvero l’Unesco medesimo), «il continuo sviluppo, gli impatti dei cambiamenti climatici e del turismo di massa rischiano di provocare cambiamenti irreversibili all’eccezionale valore universale». Questi snob degli enti internazionali mi ricordano quelli che nei fine settimana di agosto imprecano contro il traffico in autostrada, eppure hanno deciso di mettersi in viaggio.

Anche a me piace andare a Venezia quando c’è meno gente (cioè quasi mai), cercare (col lanternino) i pochi ristoranti frequentati dai veneziani, evitare il vaporetto. Anche l’Unesco se ne esce con una rara tempestività: oggi Venezia è più a rischio perché c’è un governo di destra cui non frega nulla tranne che del profitto.

Mi chiedo, ma possiamo ancora dar retta a questi signori e considerarli voci autorevoli su questioni così importanti, o piuttosto si tratta di politici mascherati da esperti? Massimo Cacciari, ex sindaco di Venezia, non la tocca piano.

«L’Unesco è uno degli enti inutili più costosi sulla faccia della Terra... Sparano giudizi senza conoscere e senza sapere, procedono decretando pareri a destra e a manca, di cui è bene disinteressarsi: sono una baracca di mangiapane a tradimento, non tirano fuori un soldo, come se Venezia avesse bisogno dell’Unesco per essere un bene dell’Umanità! Venezia è a rischio? Certamente c’è una grossa pressione turistica, come del resto a Firenze o a Roma. Ma che vogliamo fare? L’economia italiana si regge per il 20% sul turismo e per fortuna che c’è il turismo: cosa vogliamo fare, perdere anche quello dopo aver perso la chimica, l’elettronica, la meccanica, l’industria dell’automobile? Vogliamo perdere anche il turismo perché l’Unesco ci dice che è dannoso? Piuttosto, tiri fuori i soldi per fare le opere che servono invece di parlare a vanvera... più fatti e meno parole!».

 

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