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Dossieraggio, chi è il finanziere-spione che si accolla ogni colpa

Guido Crosetto

Paolo Ferrari
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Pasquale Striano ha fatto tutto da solo oppure era inserito in un sodalizio criminoso? Le informazioni sui movimenti finanziari di politici e vip servivamo per creare dei dossier, e quindi avevano finalità ricattatorie, oppure rientravano nella normale attività istituzionale della guardia di finanza? E ancora: che rapporti ha avuto Striano con i giornalisti del quotidiano Il Domani, edito da Carlo De Benedetti, che hanno pubblicato il contenuto di alcuni suoi accertamenti, ad iniziare da quelli effettuati a carico di Guido Crosetto?

Ex maresciallo della Guardia di Finanza da pochi anni promosso tenente a seguito di un concorso interno, Striano viene descritto dai colleghi come un finanziere preparato e molto scrupoloso. Cinquantotto anni, ha trascorso la maggior parte della sua carriera presso il Nucleo di polizia valutaria della Gdf della Capitale, uno dei reparti di punta delle Fiamme gialle. Gli ultimi mesi di servizio prima della pensione, Striano li stava svolgendo alla Direzione nazionale antimafia dove si occupava a tempo pieno degli accertamenti relativi a queste Sos, le segnalazioni delle operazioni sospette. Era stato lui, come detto, ad effettuare l’accertamento sul ministro della Difesa e poi pubblicato sul Domani a ottobre che aveva fatto partire l’indagine che lo vede ora indagato per il reato di “accesso abusivo”.

 

 

IL GIALLO DEL COMPENSO - Striano, rispondendo ai pm nei giorni scorsi, ha sottolineato la correttezza del proprio operato, precisando che questi accertamenti gli venivano richiesti, conoscendone le capacità professionali, anche da alcuni magistrati in forza alla Dna e di essersi sempre attenuto ai previsti protocolli operativi. La Procura di Perugia, che ha ricevuto il fascicolo dai colleghi romani, non ha ad oggi la prova che tali accessi alle banche dati si siano trasformati in dossier e che Striano abbia ceduto in passato dietro compenso tali informazioni. Al momento, dunque, non avrebbe avuto complici.
Gli accessi effettuati dal finanziere sono numerosi, certamente più di cento come è stato riportato in questi giorni.

Striano, infatti, spesso faceva le sue ricerche non dal computer della Dna ma da un terminale della finanza, dove sono accessibili tutte le 135mila Sos e non solo quelle di potenziale interesse per i magistrati dell’Antimafia. Gli accessi, è opportuno precisarlo, sono tutti tracciati: nella memoria del sistema rimangono i dati delle consultazioni effettuate, cominciando dal giorno e dall’ora. Un aspetto che un militare d’esperienza come Striano non poteva non sapere se avesse voluto commettere un illecito. A prescindere da ciò, il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo, prima dell’avvio delle indagini, aveva però provveduto a riorganizzare radicalmente il servizio Sos.

Ma se non doveva fare dossier per conto terzi o se non doveva vendere queste informazioni, quale sarebbe stato allora il motivo di così tanti accertamenti? Striano ha spiegato di avere in passato seguito «l’andamento criminale e sociale del Paese». «Per esempio», ha ricordato, «ho fatto degli appunti riservati su come la criminalità organizzata si stava infiltrando nelle varie attività durante il periodo della pandemia. È chiaro che ho dovuto fare mille interrogazioni per capire i loro business con i dispositivi anticovid e i canali di riciclaggio».

 

 

Fra i nomi interrogati alla banca dati, oltre a quello di Crosetto, vi sono quelli di Giuseppe Conte, Matteo Renzi e Matteo Salvini. In attesa di sviluppi, in Parlamento si muove il Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica presieduto da Pd Lorenzo Guerini.

L’indagine di Perugia, intanto, registra l’annuncio di una querela «per violazione del segreto istruttorio« da parte dello stesso Crosetto. In una lettera ieri al Corriere, Crosetto si è detto «orgoglioso» di avere dato la possibilità alla magistratura «di fare piena luce sul rischio che soggetti che dovrebbero garantire la normale vita democratica la mettano in pericolo». Ha quindi parlato di «vicenda oscura ai danni di un ministro e di un politico, che, se colpito con dossier costruiti ad arte, avrebbe potuto mettere in crisi la nascita dell'intero governo Meloni, fin dal suo esordio». Oltre a capire il reale motivo di tutti questi accessi, bisognerà capire chi aveva interesse che la notizia finisse sui giornali. 

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