Cerca
Logo
Cerca
+

Frecce Tricolori, l'Aeronautica: "Il pilota è un eroe, ha evitato una tragedia peggiore"

Tommaso Montesano
  • a
  • a
  • a

«Sono profondamente addolorato per quello che è successo, sto solo pensando alla bimba deceduta». Il maggiore Oscar Del Dò, il pilota del velivolo delle Frecce Tricolori “Pony 4” che si è schiantato al suolo in fase di decollo all’aeroporto di Caselle, è uscito dall’ospedale già sabato. Ma non sarà facile, per lui, tornare alla normalità, come ha ammesso confidandosi in queste ore con i colleghi. L’Aeronautica militare- in attesa degli esiti dell’inchiesta interna e delle indagini della procura di Ivrea - fa quadrato intorno a lui.

«Ha provato tutte le manovre per riaccensione del motore e ha pilotato l’aereo in una zona disabitata all’interno del recinto aeroportuale», taglia corto il generale Urbano Floreani, capo del reparto comunicazione dell’Aeronautica e lui stesso ex pilota delle Frecce Tricolori. Il generale Luigi Del Bene, comandante delle Forze da Combattimento di Milano, loda la prontezza del pilota: «C’è stata un’avaria grave al motore, che di fatto ha smesso di funzionare. Quello è stato il motivo per il quale l’aeroplano ha perso repentinamente velocità e quota fino all’impatto, che è avvenuto nell’ultimo momento disponibile».

 

 

 

Proprio questo particolare, osservano dalla Forza armata, ha fatto la differenza sabato scorso: con la sua azione Del Dò è riuscito ad evitare che la tragedia assumesse dimensioni più gravi. «Il pilota ci ha riferito del danno al veicolo e che il motore non spingeva più. Dopodiché si è concentrato nella condotta, nel portare cioè il velivolo fuori da zone abitate o da edifici, perché il tempo a disposizione essendo a bassissima quota è ristretto, nell’ordine di pochi secondi per prendere decisioni con un aeroplano che non vola più». E ancora: subito dopo aver lanciato il segnale di allarme, la conseguenza è stata quella di far scattare immediatamente le procedure di sicurezza per il resto della pattuglia acrobatica: «L’allarme è stata una chiamata conseguente e simultanea alla separazione dal resto della formazione per evitare ulteriori danni». Poi il pilota si è lanciato, «il paracadute si è aperto e il pilota ha impattato al suolo».

 

 

 

 

I MESSAGGI SUI SOCIAL

Anche sui social, a dispetto delle opinioni dei maître à penser di sinistra cui diamo conto nella pagina seguente, il sostegno a Del Dò è maggioritario. «Stima e solidarietà incondizionata al pilota. Posso solo immaginare lo strazio che sta vivendo. Siete sciacalli!», scrive Fabiana su Twitter. In molti, dopo l’incidente, hanno subito fatto un paragone con la strage di Ramnstein, in Germania, del 1988, costata la vita a 70 persone e a due piloti delle Frecce Tricolori (Ivo Nutarelli e Mario Nadini). «Attaccare le Frecce per la tragica morte della bimba a seguito di emergenza gestita con totale professionismo è sciacallaggio politico e mediatico. Richiamare Ramstein senza capire la differenza tra airshow e birdstrike in aeroporto indica ignoranza totale di volo», twitta Gregory Alegi, storico e giornalista.

 

 

 

Sono tanti i messaggi di solidarietà nei confronti di Del Dò. «Strumentalizzare la morte di una bambina per attaccare il governo e le Frecce Tricolori è di una bassezza morale ributtante», scrive Fabrizio. «Non è colpa tua»; «Un abbraccio in questo momento difficile»; «Siamo tutti con te»; «Non mollare»; «Sei stato forte e coraggioso, hai cercato di deviare la rotta dell’aereo»; «È stata una fatalità, cerca di riprenderti», sono solo alcuni dei messaggi a difesa del Maggiore. In serata, intervistato dal Tg1, sulla vicenda è tornato anche il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ancora scosso per l’accaduto: «Ho sentito il padre, che mi ha raccontato il dramma, la tragedia e il tentativo di salvare la bambina. Mi scava dentro da ieri (sabato, ndr), da padre più che da ministro». Anche lui avvalora il “bird strike” e difende il maggiore Del Dò: «Purtroppo la causa sono due uccelli finiti contro l’aereo, il pilota ha fatto tutto il possibile ma non è bastato». 

Dai blog