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Antisemitismo, una coniazione novecentesca: alle origini della parola

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Massimo Arcangeli
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Razziale e razzista, razzismo e razzistico sono coniazioni novecentesche. La prima è documentata almeno dal 1900; la seconda è già attestata, senza implicazioni negative- il senso è puramente filosofico-, in una lezione universitaria tenuta, il 13 dicembre 1907, da un critico letterario (Arturo Farinelli); le altre due paiono essere giunte più tardi. A comprometterle tutte fu antisemitismo (1881), ricalcato sul tedesco Antisemitismus (1816), una creazione di Christian Friedrich Rühs, storico nazionalista, cui s’aggiungerà più di mezzo secolo dopo Antisemit (Wilhelm Marr, 1879).

Ecco il succo della letteratura antisemita: «1° Gli ebrei, come discendenti dai semiti, appartengono ad una razza inferiore all’ariana od indo-europea che è il fiore dell’umanità. Le razze lottano, non si fondono; i figli d’Israello non possono assimilarsi alla razza superiore. 2° Le stigmate più incancellabili della psiche collettiva del popolo ebreo si possono ridurre alle seguenti: a) Tendenza ad accumular denaro ed alle professioni commerciali e bancarie; b) Avversione ai lavori muscolari; c) Solidarietà etnica, scarsezza di patriottismo; d) Nessun rispetto alle tradizioni storiche e religiose dei paesi che pure concedono ospitalità agli israeliti (Felice Momigliano, Il proletariato ebraico e il sionismo, “Nuova antologia di lettere, scienze ed arti”, CXCI, 1903, Al fondo delle varie posizioni antisemite, da cui avrebbero preso avvio, a partire dal 5 settembre 1938, i regi decreti tramandati alla memoria collettiva come “leggi razziali”, c’era la «visione cospirazionista della storia che vede nell’ebreo il soggetto storico che, attraverso un complotto dispiegatosi lungo i secoli, procede spedito e imperterrito nel suo piano di realizzazione del comp. 404). pleto dominio ebraico sul mondo» (Francesco Germinario, Costruire la razza nemica. La formazione dell’immaginario antisemita tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, Torino, Utet, 2010, p. 5). 

A quell’altezza, buttatosi alle spalle il razzismo “spirituale”, incentrato sulla mitizzazione dell’antica Roma, il Duce si era definitivamente convertito al razzismo “biologico”.

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