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Polizia, 196 agenti feriti da quando il centrodestra è al governo: chi sono i violenti?

Fausto Carioti
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Matteo Piantedosi dice che «le nostre forze dell’ordine sono tra le migliori al mondo anche dal punto di vista della gestione democratica delle manifestazioni di libero dissenso». È vero, lo confermano i dati. Dall’inizio del 2023, quindi grosso modo da quando è entrato in carica il governo Meloni, si sono svolte 13.757 manifestazioni ritenute “di spiccato interesse” ai fini dell’ordine pubblico: solo in 432 casi (il 3%) ci sono stati incidenti. E il merito è innanzitutto degli agenti impiegati nelle piazze. Il cui livello di responsabilità è dimostrato dal numero dei feriti da ambedue le “parti”. In questo caso c’è il dato preciso dal 23 ottobre del 2022 ad oggi, inclusi gli scontri avvenuti a Pisa: nelle proteste sono stati feriti 196 uomini delle forze dell’ordine e 97 civili.

Versione breve: durante i sedici mesi di governo di destra-centro, per ogni manifestante finito in infermeria si contano due uomini in divisa ai quali è toccata la stessa sorte. Sono stati loro i primi a pagare il prezzo del «clima di tensione» che denuncia Elly Schlein. E questa è stata la parte facile: quella difficile inizia adesso.

 

 

 

Perché ora c’è una domanda senza risposta: che dovranno fare quando si troveranno davanti un gruppo di manifestanti che spinge per entrare in una sinagoga o in un altro obiettivo sensibile? L’uso di una carica per disperdere la folla sarà tollerato o gli agenti e i loro capi rischiano di finire a processo? Come potranno rispondere a chili prende a calci o prova a strappare loro gli scudi? Qual è il punto in cui dovranno rinunciare ad usare la violenza e cedere ai manifestanti?

Sarebbe bello che i confini tra ciò che la polizia deve fare, ciò che può fare e ciò che non le è consentito fossero netti, però non è così. Li traccia la politica col suo metro, e questo significa che dipendono da tanti fattori: anche da chi sta al governo, da chi è l’aggressore e da chi è l’aggredito.

Ad esempio. Nell’ottobre del 2021, con Mario Draghi a palazzo Chigi e Luciana Lamorgese al Viminale, la polizia fu accusata dalla sinistra di avere sottovalutato la manifestazione contro il “green pass” che sfociò nell’assalto alla sede della Cgil da parte di Forza Nuova e altri gruppi di destra. I poliziotti a guardia del palazzo del sindacato erano pochi, insufficienti ad usare la forza necessaria. Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra italiana, disse con ottime ragioni: «Che si sia consentito di arrivare davanti alla Cgil senza un presidio di protezione adeguato, e di poter entrare così in quegli uffici, è una cosa mai vista».

 

 

 

Stavolta, però, la polizia è finita sotto processo per aver fatto ciò che allora non le riuscì, ossia impedire che i manifestanti raggiungessero l’obiettivo su cui marciavano. E Fratoianni ora denuncia «la facilità inquietante con cui, da quando è al governo la destra, si arriva alla repressione di piazza». Come lui, usano il linguaggio del doppiopesismo il capo della Cgil Maurizio Landini e tanti altri: la violenza di Stato è ammessa, anzi invocata, solo quando il pericolo viene da destra.

Nessuno di loro si chiede cosa sarebbe successo se a Pisa la polizia, per evitare scontri, feriti e polemiche, avesse rinunciato alla «repressione», consentendo a quegli studenti di raggiungere la sinagoga. La reazione degli agenti ha portato la vicenda su tutti i giornali italiani, ma se i supporter dell’intifada fossero entrati nell’edificio di culto ebraico, ad occuparsene il giorno dopo sarebbero stati i media di tutto il mondo. E gli uomini in divisa sarebbero stati messi alla gogna per aver consentito ad una manifestazione non autorizzata di irrompere nel più prevedibile degli obiettivi.

 

 

 

L’EQUAZIONE SBAGLIATA

Il fatto che a minacciare violenza fosse un gruppo di ragazzi non rende ciò che stavano facendo meno pericoloso. Il terrorista di destra Luigi Ciavardini, poi condannato per la strage della stazione di Bologna, non aveva ancora 18 anni nel 1980, quando entrò nei Nuclei armati rivoluzionari. Prospero Gallinari, che si sarebbe rivelato il più cruento dei brigatisti rossi, era appena maggiorenne quando, entrato in contatto con Renato Curcio e Mara Cagol, scelse la lotta armata. E di casi come i loro ce ne sono tanti, negli annali della repubblica. L’equazione “ragazzi uguale creature innocenti”, insomma, non sta in piedi. A maggior ragione quando si muovono in branco, ubriachi di ideologia. Così, in un terreno delicatissimo sul quale servirebbero garanzie chiare per tutti – dove finisce la libertà di manifestare e inizia il diritto alla sicurezza? Qual è il livello di repressione che lo Stato può esercitare su chi vuole oltrepassare quella linea? - prosperano le incertezze. La prossima volta che un gruppo di presunti ragazzi proverà ad entrare in un cantiere della Tav, o ad assaltare la sede di un sindacato, o di un partito, o un edificio di culto, che dovranno fare poliziotti e carabinieri? Tra l’accusa di aver lasciato campo libero ai violenti e quella di avere usato il manganello per fermarli, quale sceglieranno?

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