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Autovelox, "irregolare" l'impianto da 200 multe al giorno: chi non paga le multe

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Claudia Osmetti
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I giudici spengono il rilevatore-simbolo

La “breccia” di Benaco. Ché non è una semplice vittoria in tribunale, e non è neanche la prima, ma è l’inizio di una battaglia portata avanti coi ricorsi e gli esposti, fatta di avvocati e carte bollate (ma quale Fleximan, ma quale vandalismo?), contro gli autovelox furbetti, gli occhi elettronici milionari, i dispositivi anti-velocità che toccano, prima del piede sull’acceleratore, la mano sul portafoglio. Premessa, doverosa: il Codice della strada non è un romanzo d’appendice che uno legge e poi dimentica. Esiste perché la sicurezza sulle carreggiate è un problema serio, ne va della nostra pelle e di quella degli altri: e le sue norme, i suoi cavilli, son lì a garantirci un’incolumità che, altrimenti, sarebbe il caos. Epperò le regole valgono per tutti. Amministrazioni comprese.  E valgono anche prima dell’effettivo avvio dell’autovelox di turno, quando lo stesso deve essere installato e posizionato secondo criteri che non sono affatto arbitrari.

 

 


 

Torri del Benaco è un piccolo Comune in provincia di Verona, in Veneto. Non fa neanche 3mila abitanti, Benaco. In compenso fa (faceva), col suo autovelox nella frazione di Pai, sulla strada Gardesana, circa 200 multe al giorno. Con esborsi che toccano (toccavano) anche i 1.700, 2mila euro ad automobilista. Oggettivamente un salasso. Ora quel dispositivo si “spegne”. Lo ha deciso il tribunale: «Manca la prova dell’omologazione», dicono i giudici veneti, manca sull’«apparecchiatura in base alla quale sono state rilevate le contestate infrazioni» e quindi i verbali emessi «vanno annullati». Punto, e punto di svolta: lì, nel Veronese, territorio mica a caso, ci sono associazioni di categoria combattive, come l’Adiconsum e Altvelox che, negli ultimi mesi, non si son mai date per vinte e hanno prodotto una pioggia di ricorsi che manco gli acquazioni dell’allerta meteo di questi giorni. «Circa 200», ammette Gianantonio Stottile, che è proprio il presidente di Altvelox: «All’inizio non ci volevano ascoltare, adesso abbiamo vinto su tutti i fronti. Sì, la mancata omologazione è la ragione principale di questo provvedimento, ma ci sono altre questioni che sono state vagliate e sono state ritenute “assorbenti”.

 

 

Per esempio, quella strada non aveva i requisiti per poter istallare un autovelox, non aveva le banchine. Oppure il fatto che non ci è mai stato mostrato il tasso di incidentalità, siamo andati a scovarlo noi, grazie ai rapporti dell’Istat, e abbiamo scoperto che in diversi annidi incidenti ne sono avvenuti solo due». È che la legge, al pari del Codice della strada, va rispettata. Ma non è neanche, tutto sommato, un mero discorso normativo. «Non sappiamo ancora con precisione perché bisogna aspettare i bilanci del Comune, però quell’autovelox ha incassato circa sette milioni di euro. Quei soldi, adesso, che fine fanno?». Sottile è uno che non molla: «Faremo una “class action”, dato che oramai è stabilito che il rilevatore era illegittimo. Dovremmo attendere quel che dice la Corte dei Conti (Altvelox ha chiesto un parere e ha anche promosso un esposto in procura, ndr). Noi non siamo contro gli autovolex, siamo contro quelli usati unicamente per far cassa».

 


La rivoluzione è iniziata, è iniziata dal basso. Ed è iniziata pure nelle sedi più consone (quelle giuridiche). È la stessa Altvelox di Sottile che invita «il ministro dei Trasporti Matteo Salvini a brindare insieme all’entrata in vigore del nuovo decreto sui velox che, comunque, avrebbe chiuso quello di Benaco dato che è posto su una via a 50 chilometri orari». Esulta, sui social, il popolo dei no-velox. «Fleximan aiutaci tu», scherza qualcuno. «Cosa bisogna fare per farsi annullare la multa?», chiede più di un utente di Facebook. «Ma io mi domando», rimbotta qualcun altro, «tra installazione, compilazione dei verbali, personale addetto, e poi ricorsi, avvocati, rimborsi (se ci saranno): quanti soldi son stati buttati?». 

 

 

In Italia (sostiene il Codacons, il Coordinamento delle associazioni per i diritti dei consumatori) abbiamo il 10% di semafori intelligenti, autovelox e tutor del mondo: in tutto il pianeta ne funzionano 111.451, da noi 11.171. Effettivamente un tantinello troppi. E allora eccola, la “battaglia” di Benaco, che poi diventa una bandiera per gli automobilisti tartassati di mezza Italia: da una parte il governo (Salvini fa sapere che «stiamo lavorando al nuovo Codice della strada per ridurre morti e feriti. Gli autovelox dovranno essere omologati a livello nazionale e i sindaci dovranno spiegare perché li mettono e dove») e dall’altra le associazioni che (giustamente) fan fronte comune. 

 

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