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Roma, parla la borseggiatrice massacrata: "Li conosco, chi mi ha fatto pestare a sangue"

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Il video del suo selvaggio pestaggio a bordo di una vettura della metropolitana a Roma, pubblicato sui social dalla pagina Welcome to favelas specializzata in "degrado italiano", ha fatto il giro del web.

Prima presentata come una turista picchiata da un branco di borseggiatori rom. Poi la verità: la donna, incinta, è anche lei una borseggiatrice, massacrata dai "compari" perché accusata di rubare troppo poco, di non far guadagnare abbastanza. O meglio, punita perché aveva già espresso la volontà di cambiare vita. Inaccettabile.

 

 

 

La 39enne di origini croate Meri Secic, intervistata dal Messaggero, si dice devastata sia dal punto di vista fisico sia da quello morale e psicologico. Il figlio che portava in grembo è stato fatto nascere d'urgenza, con un parto cesareo, per evitare che morisse per le percosse ricevute: lei e il neonato sono ricoverati nella stessa struttura, il Policlinico Umberto I della Capitale.

 

 

 

I suoi protettori, spiega, "hanno mandato un gruppo di picchiatori a massacrarmi perché gli avevo detto che non volevo rubare più. Mi hanno aggredita mentre ero in metro, usando il tirapugni e colpendomi anche con le bottiglie".

 

 

 

A testimonianza della volontà di voltare definitivamente pagina con il passato, Meri dice di conoscere i mandanti e gli esecutori e di averli denunciati: "Devono pagare per quello che hanno fatto". "Volevo avere una vita come tutti", spiega la 39enne che ha cominciato con gli scippi "alle scuole medie. Dopo la morte di mio padre e l'esaurimento di mia madre. Io non sono nata in un campo rom, ma da una famiglia croata che poi si è trasferita in Italia. Vivevo con i miei a Firenze. Ma all'improvviso mi sono trovata sola e non sapevo cosa fare per vivere. Così ho iniziato con i primi furti e un giorno sono stata avvicinata da un gruppo di zingari". Da lì è iniziato il suo incubo: furti, borseggi, 12 figli. Spesso, quest'ultimo particolare, la conditio sine qua non richiesta alle donne per essere spedite al "fronte" criminale rischiando il minimo sindacale davanti alla giustizia italiana.

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