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Firenze, cambi di sesso a 11 anni: il caso finisce in Procura

Claudia Osmetti
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La relazione ispettiva del ministero della Salute sull’ospedale Careggi di Firenze (quella relativa alla procedura per la disforia di genere e all’impiego del farmaco triptorelina) è arrivata alla procura del capoluogo toscano e «la stiamo valutando». Dice proprio così, Filippo Spiezia, che sull’Arno fa il procuratore capo, e lo dice ieri pomeriggio, dopo due giorni di tam-tam mediatico (e non solo): il caso non si cheta nemmeno per un attimo. C’è la magistratura, c’è la politica, ci sono i giornali e c’è la televisione, ma soprattutto ci sono le famiglie dei ragazzini in cura. Quante, non si sa. Quali, nemmeno.

Però si sa che qualcuno sta pensando di lasciare la Toscana per trasferirsi in Spagna qualora i trattamenti non venissero confermati; qualcun altro ha già preso contatti con cliniche e centri iberici; altri sono terrorizzati solo all’idea perché «mia figlia ha iniziato da due anni» (racconta un genitore al quotidiano Repubblica), è nata maschio e oggi, tredicenne, «se smette di prendere quella medicina si ammazza. Abbiamo capito quale strada percorrere prestissimo, quando aveva due o tre anni».

 

 

 

I GENITORI

«Ci domandiamo», scrivono in una lettera aperta i genitori di alcuni adolescenti transgender del Careggi, «come sia possibile che, dopo tante settimane di attesa e di ansia per il futuro dei nostri figli e delle nostre figlie, si riceva così la risposta all’interrogazione che ci ha tenuto tutti col fiato sospeso. In ballo c’è il futuro e la salute delle nostre creature che continuano a essere strumentalizzate per scopi politici».

È un mondo. Delicato, delicatissimo: perché riguarda adolescenti e bambini anche più piccoli, sui dieci, undici anni; perché il cambio di sesso (la disforia di genere si ha quando l’identità di genere non combacia col proprio sesso biologico) mica è uno scherzo a qualunque età, figuriamoci alla loro; e perché dietro, dietro la cronaca politica e (pare) giudiziaria, ci sono cartelle cliniche che solo cartelle cliniche non sono, sono persone, bimbi, vite.

E invece la bagarre diventa partitica col Pd che non ci sta. Non ci sta il presidente della Toscana Eugenio Giani (dem, appunto), che se la prende sì, ma solo perché «i contenuti della relazione (quella del ministero che ha reso nota il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri, sabato scorso, ndr) li ho letti sul giornale, a me non è stato consegnato niente»; non ci sta Simone Bezzini (dem pure lui), assessore regionale alla Sanità che di provvedimenti, per la stessa ragione, non ne ha ancora preso mezzo; e non ci sta neanche Sara Funaro, che è la candidata del centrosinistra per la poltrona di sindaco a Firenze che, intervenendo, si è lasciata sfuggire un quantomeno bizzarro: «Non abbiamo così paura di un governo che mira solo a verificare la correttezza delle procedure adottate negli ospedali pubblici, per noi la salute dei ragazzi è la priorità».

Gli ispettori del ministero, da quel che è trapelato, non hanno messo in dubbio la triptorelina di per sé, hanno però rilevato delle «criticità» sull’obbligo di «esigere necessariamente il supporto psichiatrico per l’avviamento al suo trattamento». Eppure, adesso, il nodo della questione sta diventando un altro, come se il “giallo” sulla comunicazione (“giallo” che non c’è, tra l’altro, dato che lo specifica in persona il ministro della Sanità Orazio Schillaci: quella relazione «è stata mandata mercoledì scorso, in tempo») possa monopolizzare un discorso che, in verità, riguarda ben altro.

«I tentativi fatti nelle scorse ore dalla sinistra toscana e fiorentina, non ultimo quello della candidata Funaro, di distogliere l’attenzione dalla realtà dei fatti è non solo imbarazzante ma presenta un’aggravante», chiarisce infatti il senatore di Fratelli d’Italia Paolo Marcheschi (fiorentino pure lui), «qui si tratta della salute dei minori e su questa non si scherza. Se ci si appella a strumentali complicazioni burocratiche invece di essere favorevoli all’accertamento della verità si dimostra soltanto che la sinistra è davvero malmessa».

 

 

 

L’AVVOCATO

«Io sono molto contenta», taglia corto, invece, l’avvocato Annamaria Bernardini de Pace. È lei che mesi fa ha promosso un esposto proprio su questa vicenda: «Trovo che bisogna essere contenti del ministro che abbiamo. Da gennaio, quando gli ho mandato la mia lettera, siamo ai primi di aprile e ha già dato ordini alla Regione, mi sembra che nel suo ruolo abbia funzionato benissimo».

Schillaci «ha fatto emergere il non rispetto della determina dell’Aifa (l’Agenzia italiana del farmaco, ndr) che prevede l’obbligo del supporto psichiatrico ogni volta che si dà la triptorelina; la non trasmissione dei dati che riguardano ogni paziente sempre all’Aifa come richiesto e il ruolo che non c’è del neuropsichiatra infantile nell’ambito della presa in carico e del percorso che deve fare il paziente». Bernardini de Pace ha anche chiesto «un incontro con il procuratore Spiezia, spero che mi fissi l’appuntamento». Come a dire, anche il filone delle inchieste è in evoluzione.

 

 

 

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