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L'ultima colpa dei maschi: di destra perché ignoranti

Simonetta Sciandivasci

Ginevra Leganza
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Cicerone che vai Sciandivasci che trovi. Giacché è nel solco dell’avvocato, politico e oratore romano – nientemeno – che La Stampa, per tramite della brillante Simonetta Sciandivasci, ciceronessa del postmoderno, commenta i risultati d’una ricerca su “conoscenza e questioni di genere”.

Uno studio che mostra come i ragazzi di oggi (e cioè i maschi, solo i maschi, sempre i maschi) siano sostanzialmente baby energumeni. Incapaci di esprimersi, dice il giornale. Inabili a scrivere. Oratori impossibili e per ciò stesso «cattivi cittadini».

Perché un piccolo analfabeta – e il ragionamento, benigni lettori, è all’incirca questo – è sempre a rischio conservatorismo (sic). È potenzialmente di destra e, dunque... potenzialmente stupido.

Ed ecco. Se Cicerone diceva a Roma che vir bonus dicendi peritus – e cioè che l’uomo dabbene è quello che parla bene – all’incirca lo stesso dice La Stampa a Torino. Specificando, e qui veniamo al punto, che l’incapacità di esprimersi comporterebbe «una sempre più marcata tendenza ad avvicinarsi a posizioni conservatrici» (ohibò), «retrograde» (oddio). In altre parole, questioni ostacolanti «la nascita e crescita del buon cittadino», che per La Stampa – ciceronessa nostra – è giocoforza di sinistra.

 

 

ENERGUMENI E PROGRESSISTI - Stando allo studio di Maria Laura Di Tommaso, quindi, Ordinaria di Economia politica all’Università di Torino – che ne parlava domenica con la sociologa Chiara Saraceno e con la stessa Sciandivasci al Festival Internazionale di Economia – i bambini (maschi) sono oggi sempre meno capaci di leggere un testo, sempre meno capaci di parlare. Tanto che – commentava ieri sul giornale, non paga, la giornalista – studiare conviene ai maschietti acciocché facciano il salto di specie: da energumeni a progressisti.

E va bene. Ammettiamo pure che le ciceronesse del postmoderno sorvolino sulla cruda verità della storia e cioè sul fatto, per dire, che fosse stato per il progressista Pci (e non per la Dc) le donne non avrebbero mai votato. Giacché erano loro, le donne, a essere maggiormente affezionate alla monarchia. E dunque erano loro – come direbbe Simonetta, dicendi perita – quelle maggiormente conservatrici, retrograde...

Temute al punto che nel 1945 furono esortate al voto non da Togliatti, ma da un Papa, Pio XII («Ogni donna ha, intendete bene, il dovere, lo stretto dovere di coscienza, di non rimanere assente, di entrare in azione», fosse pure, diceva ancora il pontefice, «per contenere le correnti che minacciano il focolare»).

 

 

Esortate non dai progressisti, quindi, perlomeno titubanti, ma da quel buon senso – o scrupolo aritmetico – che come sempre ha radice conservatrice. Ossia realista, addirittura papalina. Ma che per la ciceronessa nostra – brillante e leggera in tutto, persino nelle cose di storia – è solo sinonimo di asineria...

BARBIE CONTRO KEN? - Ammettiamo dunque che si sorvoli sulla storia. E sorvoliamo, noi, sul coraggio di spingersi a tali vette, quasi a livello di Cicerone... Ammettiamo e sorvoliamo su tutto, ma consigliamo intanto di recuperare un altro articolo. Un editoriale di Ernesto Galli della Loggia – un gradino sotto Cicerone e due sotto Sciandivasci – che sul Corriere della Sera, qualche mese fa, spiegava come il conservatorismo sia oggi non più “reazione” (vulgo: retrogrado) ma katéchon, e cioè freno al progressismo. Che a sua volta non è comunismo, non è illuminismo, non è socialismo o qualsivoglia grande costruzione del pensiero, ma categoria pressoché vuota. O, come dire, tanto brillante – se vuoi armocromata – quanto leggera. Incapace, cioè, di non scadere nel nulla e di non dire, per esempio, che se i conservatori son tutti scemi, e se il grosso degli scemi son maschi, la maggior parte della scemenza sarà maschia e conservatrice. Vette assolute di oratoria e dialettica. Della serie: maschi contro femmine; Barbie contro Ken. Me contro te e politica postmoderna. Neanche a dirlo, progressista. 

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