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Scuola, addio a blu e rosa: il grembiule verde perché più inclusivo

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Ci risiamo: la cultura woke colpisce ancora. E colpisce proprio là dove non dovrebbe, cioè in quella palestra di libera formazione della personalità che è la scuola dell’infanzia. A conferma che il wokismo non è una libera opzione intellettuale di menti adulte, ma prima di tutto un progetto politico di indottrinamento.

La notizia arriva da un istituto comprensivo di Salice Salentino e Guagnano, comuni della provincia di Lecce, ove il Collegio dei docenti ha accolto la proposta proveniente da una zelante Commissione comunale intitolata alle “Pari opportunità, politiche di genere e diritti civili”: i tradizionali grembiuli indossati dai bambini (azzurri per i maschietti e rosa per le femminucce) saranno sostituiti, già dal prossimo anno scolastico, da una nuova divisa uguale per tutti. Inutile dire che alla base della decisione, presentata come una grande opportunità educativa, ci sia, per usare le parole del dirigente scolastico Michele Serra (destino dei nomi!), la volontà di «coltivare una mentalità più aperta e inclusiva, preparando cittadini e cittadine consapevoli e sensibili alle tematiche di genere, requisiti cruciali perla costruzione di una società più equa e rispettosa».

 

 

 

La stessa Commissione del Comune di Guagnano, che ad occhio credo dovrebbe avere ben altri e più concreti problemi da affrontare, aveva sottolineato «l’importanza di superare gli stereotipi di genere fin dall’infanzia, promuovendo una cultura inclusiva dove ogni bambino si senta libero di esprimere la propria identità senza vincoli legati al colore». Insomma, la solita solfa di un pensiero tanto povero quanto pericoloso: la debole sovrastruttura linguistica e concettuale che fa da supporto al tentativo di introdurre i dettami della teoria gender e della ideologia queer nei nostri istituti scolastici già dai primissimi anni.

La parola “inclusività”, divenuta all’un tempo un feticcio e una moda, funziona come una sorta di termine “tappabuco” che sottrae ad ogni discussione seria su tematiche solo apparentemente “pacifiche”. Quei temi, infatti, ad un’atttenta analisi, segnalano non solo i “miti” di un tempo come il nostro che se ne vorrebbe immune, ma anche dispositivi di poteri e meccanismi di disciplinamento non sempre facilmente visibili e smascherabili.

L’episodio pugliese è, da questo punto di vista, altamente istruttivo. Esso, con la forza evocativa di un’immagine come quella di una sfilza di bambini in fila indistinguibili e indistinti nella loro divisa, ci fa capire come “inclusività” significhi in ultima istanza uniformare, rendere tutti uguali, conformare ad un pensiero unico che non tollera obiezioni (e che quindi esclude non include) perché è stato certificato come Buono, Giusto, Etico a priori. In effetti, se si elimina la prima e più elementare differenza, quella data dalla natura biologica, il terreno per un mondo monocolore è già bello e preparato.

Senza contare che lo stesso rispetto che è sicuramente dovuto a chi ha un’identità di genere non definita ha un valore proprio se ad essere rispettata è la personalità individuale del singolo e non una sua identità falsa e costruita a tavolino. In verità, iniziative come quella dell’istituto pugliese erano state già intraprese in passato, senza successo, da altre scuole italiane. Anche in questo caso, sembra che essa sia passata con difficoltà, spaccando il corpo docente e generando non pochi malumori fra gli stessi genitori, a dimostrazione che se non i ragionamenti almeno il buon senso può fermare un’offensiva così forte quale quella in atto.

Un’ultima notazione: il grembiule unisex sarà verde a quadretti. Serra ha detto che il colore è stato scelto perché il verde simboleggia la speranza, in particolare quella in un mondo futuro «dove l’uguaglianza sia la norma». Ora, a parte la furbata di scegliere un colore che richiama quella “rivoluzione verde” che è un altro dei pilastri concettuali del wokismo, quel che va osservato è che Carlo Marx avrebbe potuto sottoscrivere con facilità gli auspici del dirigente scolastico. Il fatto che oggi il progetto ugualitario punti ai sessi e non al portafoglio, a ben vedere non cambia la sostanza.

 

 

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