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Piazzapulita, lo spettro del fascismo ormai è solo uno show

Daniele Dell'Orco
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Anno nuovo, vita vecchia. Corrado Formigli riparte dopo la pausa estiva col suo programma su La7, Piazza Pulita, ma senza rinunciare al suo core business: la caccia contro un incorporeo fascismo. Nonostante i molti ganci d’attualità, dal caso Sangiuliano alla campagna elettorale statunitense, il conduttore non rinuncia a dedicare un intero blocco, il terzo, alle oscure trame nere intorno a Fratelli d’Italia.

Essendo stato il principale spin doctor dell’inchiesta di Fanpage sulla cosiddetta “gioventù meloniana”, che è montata proprio grazie al ticket tra lui e il direttore del magazine online Francesco Cancellato presente in studio (piccolo suggerimento, a futura memoria, per gli ospiti: abbiano la prontezza di chiedergli conto dello scoop, vero, diLibero, sui suoi giornalisti sottopagati), se Formigli promette di avere interessanti rivelazioni sui rapporti tra Fdi e il mondo dell’eversione nera, più di qualcuno tende a credergli e ad accettare di restare sveglio fino alla fine della puntata per godersi qualche nuovo capolavoro di spionaggio giornalistico di Fanpage. Invece, nulla.

 

 

 

La trasmissione sceglie di ruotare intorno ad un presunto caso vecchio di un mese: i finanziamenti elargiti dalla Fondazione An. Siccome all’epoca erano tutti a mollo a Ponza, i reporter di Piazza Pulita sono stati costretti a muoversi a scoppio ritardato ma senza portare in dote alcun elemento di novità. Le due bisettrici accusatorie sono sempre quelle che sollevarono ai tempi Repubblica e il Domani: da una parte i 30mila euro versati dalla Fondazione per l’acquisto della sede di via Acca Larenzia; dall’altra i fondi bonificati nel 2021 a delle associazioni legate a Forza Nuova.

Il primo binario nasce e muore già il 26 agosto, quando Libero, con l’intervista al presidente della Fondazione An Giuseppe Valentino, aveva messo in chiaro la situazione. Ecco un breve recap: la Fondazione An, che erroneamente viene identificata dai media come la “cassaforte di Fdi”, gestisce un patrimonio milionario eredità del Movimento Sociale che viene amministrato da esponenti di tutte le anime della destra parlamentare. Non solo di Fdi. E che votano all’unanimità. Quindi non è che il premier Giorgia Meloni o chi per lei possa andare in banca e prelevare i cento euro per pagarsi la spesa.

La storica sede dell’Msi dell’Appio Latino, invece, dove il 7 gennaio 1978 morirono tre giovanissimi esponenti del Fronte della Gioventù a seguito del blitz di un commando di terroristi rossi, è gestita da un’omonima associazione vicina a CasaPound. Essendo quel luogo un «patrimonio morale» di tutta la destra, come spiegato da Valentino, tutta la destra ha contribuito per versare i 68mila euro necessari per evitare che il proprietario dell’immobile, l’Inail, lo mettesse all’asta. E la Fondazione, che ha coperto i 30mila euro che mancavano per completare la raccolta fondi organizzata tra militanti, anche della destra radicale, li ha versati direttamente al’Istituto. Quindi, tecnicamente, la Fondazione (che comunque non è il partito) ha versato fondi ad un ente pubblico, non li ha messi nelle tasche di qualche esercito di miliziani tagliagole al servizio del premier. Fine.

Il secondo filone, quello che porta a Forza Nuova, è ancor più tragicomico e venne anch’esso raccontato da Valentino su queste colonne. I militanti del movimento di Roberto Fiore (disclaimer: oltre a non avere legami politici con Fdi, i movimenti della destra extraparlamentare non sono in grandi rapporti nemmeno tra loro, pertanto qualunque ricostruzione che vorrebbe far passare tutto come un unico calderone nero è davvero stracciona) occuparono lo stabile di via Paisiello a Roma da quando cessò di esistere il Giornale d’Italia diretto da Francesco Storace. La Fondazione ha dovuto intraprendere una battaglia, sia legale che “persuasiva”, durata anni per riprendere possesso dello stabile e, al termine di una trattativa bonaria, avrebbe versato circa 34mila euro ad associazioni legate a Fiore, non per sostenerne l’attività ma per prenderne definitivamente le distanze. Tutto l’opposto di quanto i media di sinistra vorrebbero lasciar intendere.

 

 

 

L’unico elemento di novità, se possibile ancor più tendenzioso, proposto durante la puntata, sarebbe un presunto filo diretto tra quei soldi versati nell’estate 2021 dalla Fondazione An (repetita iuvant: non da Fratelli d’Italia) e l’assalto alla Cgil condotto con alla testa esponenti di Forza Nuova e lo stesso Fiore ad ottobre dello stesso anno. Come a dire che, senza quei 30mila euro, il blitz, tre mesi dopo, non ci sarebbe mai stato. Peccato che, oltre alla cifra esigua e alle tempistiche non certo sovrapponibili, sono allusioni montate dagli stessi giornalisti che negli anni hanno vergato lunghe inchieste dedicate agli affari di Fiore e di Forza Nuova.
E a sentir loro erano milionari.

È ormai evidente allora che questo fetish della sinistra per le croci celtiche, i saluti romani e le trame nere senza riscontri reali non porti voti (lo dimostra il volto stralunato di Elly Schlein davanti ai sondaggi proprio a Piazza Pulita) e non traini ascolti (la serata di giovedì l’ha vinta Del Debbio: 7,4% di share contro il 6,8% di Formigli). Quelle montate coi motivetti da film di mafia, le microcamere nelle tasche degli inviati e i tavolini pieni di foto segnaletiche in True Detective, sono solo belle storie rovinate dalla verità.

 

 

 

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