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Trieste, maschi e femmine? Tutti insieme al bagno: un caso al liceo

Giordano Tedoldi
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Mi si nota di più se, appena nominata dirigente scolastico (che orrore questi titoli, “preside” e “direttore” erano molto meglio), propongo i bagni unisex, fluidi, no gender, antidiscriminatori, politicamente corretti, oppure se li lascio come sono? Così si sarà chiesta la nuova dirigente del liceo scientifico “Galileo Galilei” di Trieste, scuola di gran lustro in città, e naturalmente si è data una risposta rivoluzionaria.

Così, per le sue 44 classi e quasi mille alunni, la scuola si è riaperta con la brillante innovazione della quasi totalità dei bagni senza distinzione tra maschi e femmine. Il quotidiano “Il Piccolo” riporta che è solo «una proposta organizzativa», i bagni non binari sono «in fase sperimentale» e tutto il resto del gergo turpe che viene usato per avanzare idee strampalate sulla pelle dei ragazzi che, al solito, usciranno dal liceo politicizzati, estremizzati, confusi, storditi da una marea di idiozie alla moda e, va da sé, totalmente impreparati e pronti invece a essere espulsi dalle università più autorevoli e dal mondo del lavoro qualificato.

 

 

 

La dirigente, che la sa lunga, ha anche in programma di avviare “momenti di formazione” (la formazione... a momenti?) per il collegio dei docenti (poveretti, ormai trattati con compiacenza e dall’alto in basso, costretti a subire i capricci visionari della dirigenza “illuminata”), i quali saranno opportunamente indottrinati circa “stereotipi e discriminazioni”. Ma certo, io ho la vocazione del docente non perché voglio insegnare storia, matematica, fisica, letteratura, ma per blaterare di “stereotipi e discriminazioni”.

Naturalmente l’obiettivo – di migliori intenzioni è lastricata la via dell’inferno – è quello di «garantire la tutela e il rispetto di tutti» (non ci sarebbe stato male un bello schwa nella desinenza di quel “tutti”, maschile sovraesteso così discriminatorio) e, bontà sua, la dirigente si dichiara «aperta» a correggere il tiro: «Se le ragazze mi dicono che la soluzione non le trova a loro agio o è poco funzionale, sono pronta a fare marcia indietro».

Sintomatico il fatto che qui, l’illuminata, rivoluzionaria dirigente scolastica dica “se le ragazze”, immaginando che solo le femmine possano sentirsi a disagio nei suoi bagni non binari, del resto, chi sono i maschi per avere voce in capitolo? Tacciano, questi nipotini del patriarcato, e ingoino le decisioni prese dalla matriarca. La proposta, non ci sorprende, ha sollevato una pittoresca baruffa, con l’assessore regionale all’Istruzione che parla di «propaganda», e la dirigente dell’ufficio scolastico regionale che definisce «ridicolo» arrivare ad associare il tema della discriminazione ai servizi igienici.

La dirigente scolastica intanto si è difesa all’italiana, alla vecchia maniera, cioè dando la colpa al «personale incaricato della modifica» che, non essendo illuminato e avanzato come lei, non aveva capito che la rivoluzione era più piccola, e «sperimentale», insomma, parafrasando il suo gergo, un momento di rivoluzione, e dunque i bagni unisex dovevano coinvolgere solo un piano, non tutti i bagni.

Ora invece hanno capito, i poveretti sottoposti, che «il test doveva svolgersi solo su un piano» e tutto è stato sistemato secondo i desiderata della dirigenza. Crediamo che non ci sia bisogno di indugiare ancora su questa storia, i lettori avranno chiaro il quadro: la scuola italiana è più che mai in pericolo e nelle mani di personaggi non all’altezza. La colpa di chi è? Delle istituzioni naturalmente, dei governi, di tutti coloro che, lungo decenni, hanno permesso che le aule divenissero accampamenti di velleitari, dilettanti, estremisti e volgari spacciatori di fumo. Ormai a scuola si fa tutto, tranne che apprendere alcunché di serio.

 

 

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