Le tracce proposte dal Ministero della Pubblica Istruzione per l’esame di maturità quest’anno hanno generato un consenso quasi unanime. Era avvenuto in rari casi in passato, quando spesso i temi assegnati avevano suscitato polemiche e attacchi dalle opposte parti politiche. Come è potuto avvenire questo piccolo “miracolo”, di cui va dato senza dubbio merito al Ministro Valditara? Credo che la chiave di questo successo consista nell’aver tenuto fuori dalle tracce l’ideologia, puntando tutto sulla cultura senza aggettivi (quindi né di destra e né di sinistra). E sollecitando uno sguardo sul presente fatto di onestà intellettuale e di buon senso pratico.
Per quanto concerne l’analisi dei testi, gli autori scelti per quelle di letteratura sono due classici contemporanei: Tomasi di Lampedusa e Pasolini. Di quest’ultimo è stata scelta una poesia giovanile e intimista lontana dalla sua matura cifra “civile” e anticonformista. L’aspetto civile è stato però esaltato nelle altre tracce, in particolare in quella che chiedeva di commentare l’appello ai giovani di Paolo Borsellino. Nei giovani il giudice vittima della mafia vedeva il futuro e la speranza e le sue parole assumono un valore simbolico e commuovono proprio per la sorte che gli è toccata. Molto interessante anche la traccia sull’indignazione, che sembra essere il motore che alimenta i social e che, in verità, è una sorta di Giano bifronte: se da una parte è indice di una coscienza civile attiva, dall’altra può degenerare in odio e faziosità. Sulla stessa linea può considerarsi anche la traccia di tipo argomentativo che chiedeva di riflettere sul concetto di rispetto, da non intendere come una sorta di debolezza ma come la consapevolezza dell’uguale dignità degli esseri umani e dell’impossibilità di ritenersi depositari unici della verità (che questa sia stata la traccia più scelta dai maturandi è un buon segno). Il tema storico portava a ragionare sui turbolenti anni Trenta a partire dalla crisi economica del ‘29 e dalle risposte politiche date ad essa. La settima e ultima traccia proposta invitava a riflettere sui problemi dell’ambiente e dell’impatto dell’uomo sul pianeta in una prospettiva scientifica e di lungo periodo (di “ere geologiche”) e quindi tenendosi fuori anche in questo caso dall’ambientalismo politico ed ideologico dei nostri giorni. La prima considerazione che mi è venuta leggendo le tracce è che esse hanno dato ampio spazio ai giovani maturandi di esprimere le proprie idee, senza indirizzarli o sollecitandoli a far proprie le idee mainstream, come spesse volte era avvenuto in passato.
Insomma, i giovani sono stati trattati da adulti, il che non era scontato. Le uniche proteste sono state quelle tenute in alcune città da alcuni giovani manifestanti che hanno messo in discussione l’esame di maturità in sé. Ha un senso mantenerlo o lo si deve ritenere un residuo di un passato che aveva altri tempi e altre modalità di formazione? La domanda ha un senso se posta in un ordine di discorso non demagogico e velleitario, come hanno fatto i giovani manifestanti. A mio avviso mantenere dei momenti di alto valore simbolico, dei veri e propri “riti di iniziazione” come questo, serve a creare unità e coesione in una società sempre più frammentata e attraversata da forze centripete come la nostra. Inoltre, la stessa persona, che è il centro motore in una società libera, ha bisogno di riconoscersi in un contesto che la legittimi e le dia credito. In conclusione, possiamo così sintetizzare: nessuna ideologia, nessun politicismo, un’appello ai valori civili ma senza retorica e ipocrisia. Tracce “normali” per una scuola “normale”. Se questo è il ritorno al passato tanto stigmatizzato dalla sinistra, ben venga. Una scuola di nuovo seria, libera dalle ideologie, che fa il suo lavoro e chiude con le ubriacature sottoculturali post-sessantottine, è l’unica in grado di aprirci al futuro. E non è reazionaria o progressista, è soprattutto una palestra di spirito critico e non di conformistico indottrinamento. Una scuola per persone “mature”, appunto.