È una strada spianata. Una sorta di via libera, di indicazione. Sì, è vero, le pronunce della Cassazione non fanno legge (e, per lo stesso motivo, nel nostro sistema, che non è di common-law, non fanno nemmeno un precedente): però un suggerimento lo danno. Una «provocazione alla politica», come la definisce l’avvocato matrimonialista Ettore Gassani. Quando una coppia si separa, anche da noi, potrebbe ricorrere agli accordi prematrimoniali perché sono da considerarsi legittimi. È una bella rivoluzione. D’accordo, non è completa perché non si tratta di una normaurbi et orbi, però è un cambio di paradigma niente male: merito dell’ordinanza numero 20.415 della Suprema corte, pubblicata a fine luglio, che ha scompaginato il sì-lo-voglio-per-sempre. Primo, viva l’amore ma di eterno c’è solo quel che dura. Secondo, non era mica scontata la decisione perché l’orientamento, fino a poco fa, andava nel senso opposto. Terzo, ora ci sono tutti i presupposti affinché si persegua questa via, ché di vantaggi (facciamo no i moralisti, non è nel nostro stile) ne ha parecchi.
I fatti (giuridici). Il caso apripista che ha mosso la Cassazione viene dalla provincia di Mantova: è la storia di una coppia che scoppia. Cose che succedono. T’amo e poi non-t’amo-più. Perché si lasciano, marito e moglie, son fatti loro: ciò che ci interessa è che la separazione del 2019 avviene quasi otto anni dopo che hanno sottoscritto una scrittura privata (l’accordo prematrimoniale vero e proprio, quello dei telefilm americani, in Italia, appunto, non esiste) nella quale loro stessi avevano previsto che, qualora fosse accaduto l’irreparabile sentimentale, lui avrebbe dato a lei una sorta di “rimborso” di 146.400 euro (61.400 per il mutuo della casa che la donna si era co-intestata e altri 65mila per l’acquisto dei mobili o per le piccole spese che si era sobbarcata). Di contro, davanti a questa somma, lei rinunciava ad alcuni beni tra i quali un’imbarcazione.
No-osi-separare-l’uomo, eppure è andata proprio così: solo che quando si litiga si litiga sul serio e, finito l’idillio, la signora si è appellata all’accordo mentre il signore ha tirato fuori l’articolo 160 del Codice civile (quello che vieta, nella sostanza, di modificare tramite un accordo privato i rapporti patrimoniali del matrimonio) e si son messi di mezzo gli avvocati. Una Guerra del Roses in salsa forense e il terzo grado, sparigliando le carte, ha fatto quello che si aspettavano in pochi: ha riconosciuto la «piena validità all’accordo tra i coniugi che vogliano regolamentare i loro rapporti patrimoniali in caso di fallimento del matrimonio». Spiegazione breve: trovare una mediazione prima si può fare. Spiegazione lunga: la separazione, per chi opta così, non è la causa dell’accordo ma una condizione che determina la sua efficacia, quando (e se) si presenta, in base a un altro articolo del Codice civile che è il 1.322, la stipula ha valore. Certo, ci sono alcune materie sulle quali non si può incidere (come l’assegno di separazione), ma per il resto perché no? «Questa pronuncia della Cassazione non va confusa coi patti prematrimoniali che sono ben altro», ricorda Gassani, il presidente dell’Ami, l’Associazione dei matrimonialisti italiani: «Ci sono alcune proposte di legge ferme al Senato su questo punto che è abbastanza complesso: l’ordinanza indubbiamente apre loro la strada, ma per renderli effettivi bisogna cambiare gran parte del Codice e, tanto per cominciare, spostare il matrimonio nel libro dei contratti, cosa che in questo momento non è».
Insomma, convolare all’altare come ha fatto Jeff Bezos (cioè passando prima dall’avvocato per non farlo dopo) non è ancora tecnicamente possibile nel nostro Paese anche se i supremi giudici «hanno fatto bene a provocare il legislatore su questo. Siamo l’unico Stato in Europa che non prevede la possibilità e ottenerla significherebbe in primo luogo deflazionare il carico di lavoro dei tribunali». Non una sciocchezza. «Teniamo a mente», chiosa Gassani, «che un patto prematrimoniale noi ce l’abbiamo, si chiama “separazione dei beni”. Altrove per farla ci vogliono due psicologi, due testimoni, un avvocato: qui basta mettere una ics davanti al prete. Grazie alla Cassazione, ora, l’auspicio è che la politica di entrambi gli schieramenti si interessi in maniera seria a questa tematica. Ci sono tutte le condizioni, sia storiche che culturali».