Quattro incidenti, gravi, gravissimi, con altrettanti morti, in meno di due giorni, cioè in un solo fine settimana, e tutti nei fiumi della Lombardia. È il bilancio, tragico del week-end di Ferragosto (ma, se torniamo indietro di qualche dì, il bollettino si fa pure più nero): e sì, spesso è imprudenza, forse impreparazione; d’accordo che il più delle volte diamo la colpa al destino (o, perchè no?, chiamiamo le cose col loro nome, alla sfiga), però non valutare le insidie o prenderle alla leggera, è-solo-un-gioco, fa il resto del dramma. È che, purtroppo, episodi del genere riempiono le cronache di ogni estate. Fa un caldo torrido, ci sono 35 gradi all’ombra. Anche lassù, in pianura, in montagna, se non si sale di quota (e questa settimana se non si scavallano i 2mila), il termometro è implacabile. Si boccheggia. E allora il laghetto, la conca nel torrente, la pozza alpina: l’han sempre detto le nonne (occhio-che-l’acqua-è-fredda), da qualche anno lo ripetono gli addetti del soccorso (serve-attenzione), epperò il richiamo è irresistibile. Quel fiume fresco, quasi ghiacciato, cristallino, incontaminato. Da soli, con gli amici, una giornata romantica a due in riva al ruscello. I borghi di valle e di montagna hanno ognuno un posto così, era il mare di chi, cinquant’anni fa, al mare non ci poteva andare.
Solo che ora, in alcuni casi, quella scampagnata rigenerante si trasforma in tragedia. L’ultima (anzi, le ultime: avvenute a distanza di poche ore e di pochissimi chilometri) nel Lodigiano, lungo il tratto dell’Adda. Due ragazzi, il primo di appena sedici anni e il secondo di venti, uno a Merlino e l’altro a Montanaso, stessa identica (drammatica) vicenda: un tuffo e poi il panico. Perché sia il 16enne che il 20enne non riemergono, scompaiono alla vista, non riaffiorano più. Arrivano per entrambi i sommozzatori dei vigili del fuoco, arrivano le ambulanze, i paramedici, persino l’elisoccorso: ma non c’è più niente da fare. Il loro corpo è sul letto del fiume, senza vita, e anche le manovre di rianimazioni sono inutili, anche i tentati disperati di correre all’ospedale con la furia delle sirene spiegate sono senza esito. Il ragazzino più giovane (lui fa il bagno un aera in cui e è vietato per motivi di sicurezza) ha origini egiziane e, in un certo senso, anche questo c’entra.
L'Aquila, si tuffa nel lago ma non riemerge più: studente muore annegato
Uno studente di 21 anni dell'università di Pisa, è morto dopo essere stato annegato nel lago Sinizzo, ...
E straniero anche il giovane di 24 anni il cui cadavere viene recuperato sabato mattina in provincia di Varese, sulla spiaggetta del Ticino di Somma Lombarda. Anche per lui non si riesce a fare più niente, anche per lui i soccorsi si fanno in quattro, anche lui viene dichiarato deceduto sul posto. (Nella Bergamasca, tra Castelli Calepio e Palazzolo, tre giorni prima, è morto un altro 21enne che risiedeva nella zona ma che veniva dal Burkina Faso e che era andato a passare qualche ora di svago al fiume: la corrente lo ha trascinato via; nel Mantovano, a Mondine a Moglia, venerdì, un 24enne nato in Romania si è tuffato in un bacino idrovoro e nessuno l’ha visto più, il suo corpo è stato recuperato domenica). Ovviamente non è una questione di nazionalità, è però una questione di conoscenza dell’area e della geografia. Spesso ne sanno poco i ragazzini autoctoni, figuriamoci quelli che si sono trasferiti qui. Nuotare in un fiume di monte non è come nuotare al mare, ci sono rischi, ci sono anse pericolose, c’è la temperatura dell’acqua che trae in inganno e che aumenta il rischio di un malore improvviso.
Il quarto ragazzo morto questo fine settimana aveva 23 anni: si era immerso nel Ticino, pure lui calandosi da un ponte tra Vigevano e Abbiategrasso, alcune persone che passeggiavano sulla sponda del fiume si accorgono che qualcosa non va quando capiscono che galleggia fermo e immobile in un punto in cui l’acqua è molto bassa e avrebbe potuto tranquillamente stare in piedi. Stranieri o italiani, alla fine, quando per un po’ di arsura si rischia la pelle in una golena, che differenza fa? Nessuna. La prevenzione viene prima per tutti: infatti, sul Piave, in Veneto, quest’anno si è iniziato a parlare, oltre delle solite ordinanze di divieto di balneazione, anche di multe da 500 euro l’una, sponsorizzate e segnalate con tanto di cartelli informativi in diverse lingue (italiano, inglese, arabo e bengalese) e di una campagna ad hoc pensata per i social, anche con immagini choc. Sulla sicurezza meglio non scherzare.