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Beatrice Venezi, Fenice in fiamme per la sua nomina a direttore musicale

Negli ultimi decenni non si è visto un attacco così compatto e frontale contro una figura di questo tipo (e subito dopo l'insediamento)
di Enrico Stinchelli*giovedì 25 settembre 2025
Beatrice Venezi, Fenice in fiamme per la sua nomina a direttore musicale

(LaPresse)

2' di lettura

La nomina di Beatrice Venezi a Direttore musicale del Teatro La Fenice di Venezia ha scatenato una polemica di rara violenza. Negli ultimi decenni non si è visto un attacco così compatto e frontale contro un direttore musicale appena insediato. Politici, sindacati interni, critici e opinionisti hanno gridato allo scandalo come se fosse in gioco la sopravvivenza della nazione.

Il motivo? Per i detrattori non sarebbe una scelta artistica, ma una «nomina politica». Davvero? Da quando le direzioni dei nostri teatri non sono politiche? Da sempre. Nel dopoguerra, negli anni Settanta, negli Ottanta e ancora oggi: ogni nomina ha avuto un marchio politico, culturale o ideologico. La verità è semplice: quando la scelta arriva da una parte, si definisce “autorevole”; quando arriva dall’altra, diventa “inaccettabile”. L’ipocrisia è tutta qui. Non potendo colpirla sulle procedure, si cerca di demolirla sul merito, dipingendola come un prodotto mediatico privo di reale spessore.

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Ma i fatti raccontano altro. La Venezi ha diretto Turandot al Teatro Colón di Buenos Aires, accolta con entusiasmo; ha riportato in scena La Favorita al Lirico di Cagliari, titolo raro e complesso; ha diretto Il flauto magico a Trieste e Le nozze di Figaro a Catania, misurandosi con Mozart in piazze dalla fortissima tradizione musicale; ha condiviso il palco con Plácido Domingo. Non passerelle, ma produzioni ufficiali con orchestre e cast di prim’ordine e nessuno dei tanti cantanti e musicisti con cui ha lavorato ha mai avuto di che lamentarsi.

Colpisce piuttosto che gran parte dei suoi detrattori non l’abbia mai ascoltata dal vivo. Si giudica per slogan, per frammenti di video online o, peggio, per appartenenza politica. È un metodo che ha poco a che fare con la musica e molto con la propaganda. Emblematico l’episodio di Nizza, con striscioni che la accusavano di “fascismo”: caricature grottesche che trasformano una direttrice d’orchestra in bersaglio simbolico, ben oltre ogni critica artistica.

Anche i sindacati interni della Fenice hanno espresso contrarietà. È legittimo che le Rsu manifestino dubbi sulla gestione, ma non possono sostituirsi a un Sovrintendente e a un Consiglio di amministrazione che hanno piena legittimità di decidere la linea artistica. Altrimenti si scivola in logiche assembleariste che nulla hanno a che vedere con il funzionamento di un’istituzione culturale.

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Alla fine, la sola cartina di tornasole resterà la musica. Non le invettive, non le etichette, non i comunicati sindacali. Sarà il pubblico della Fenice a decretare il successo o l’insuccesso del nuovo Direttore musicale. In fondo, è proprio questo che i detrattori temono: che Beatrice Venezi, con i fatti sul podio, smentisca i pregiudizi e conquisti la scena.

*Autore e conduttore di "Voci in Barcaccia", Rai Radio3, regista lirico e musicologo 

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