Fuori dal tempo ma ben dentro la storia. Il 3 ottobre 1935 Mussolini annunciava che l’Italia aveva pazientato venti anni dal disastro di Adua e quella fascista adesso era pronta a lavare quell’onta: una comunicazione, neanche una dichiarazione di guerra. L’epoca del colonialismo era al crepuscolo quando Roma, inseguendo i sogni dell’impero, si lanciava nell’avventura etiopica. Il regime aveva preparato tutto a tavolino, compreso il casus belli per giustificare l’aggressione al negus Hailé Selassié con il finto incidente di Ual Ual. Doveva essere una passeggiata ma sarà una campagna lunga 7 mesi, anche se da un lato c’era un esercito moderno e ben equipaggiato, e dall’altro milizie tribali agli ordini dei ras locali e nominalmente del negus.
La Società delle Nazioni, creatura acefala per assenza degli Usa che pure l’avevano voluta col presidente Wilson senza poi aderirvi, si limiterà a infliggere all’Italia le velleitarie sanzioni (che la propaganda bollerà come “inique”) ma senza impedire il transito di soldati e rifornimenti dal Canale di Suez e senza embargo sul petrolio. L’Italia risponderà con l’autarchia che cementerà l’unità nazionale e porterà ai più alti livelli il consenso al regime.
Gli italiani donarono le fedi d’oro alla Patria per sostenerne lo sforzo bellico in cambio di un anello di ferro, e lo stesso faranno personalità che poi spiccheranno per fede antifascista. Mussolini si allontanava dalla tradizionale amicizia con Francia e Inghilterra e si avvicinava alla Germania di Hitler che professava vicinanza e solidarietà al Duce e vendeva fucili Mauser e cannoni Krupp alla guardia imperiale.
L’incerta conduzione del vecchio quadrumviro Emilio De Bono conoscerà una sferzata col Maresciallo Pietro Badoglio al comando. I volontari non mancavano per consolidare il sogno africano, che il regime prospettava come la soluzione all’endemica piaga dell’emigrazione che si trascinava dai tempi dell’unità e che il fascismo aveva cercato pure di impedire per legge. Ennio Flaiano, sottotenente di complemento, ne tornerà disilluso e con in mente il romanzo “Tempo d’uccidere”, primo Premio Strega nel 1947.
Eppure l’Italia si convinse e ingannò il mondo di essere davvero una grande potenza erede di Roma antica, apportatrice di civiltà in un Paese schiavista. Mise tutto sul piatto, e anche i bluff funzionarono. Come i piccoli carri veloci (e infatti si chiamavano L3, poco più di tre tonnellate), poco protetti e poco armati: gli etiopi a piedi ci misero poco a neutralizzarli infilando nelle feritoie lance e zagaglie facendo così scempio dell’equipaggio. Ma poco potevano contro i bombardamenti della Regia Aeronautica, autorizzata a colpire guerrieri e villaggi con i gas. Badoglio si fece comunque una reputazione immeritata di stratega.
Il 25 luglio finì il fascismo, ma in tanti l'hanno scordato
Fu una gara a salvarsi, e alla fine non si salvò nessuno. Fu anche un gioco degli inganni, e ne riuscì sol...FACCETTA NERA E BIANCA
“Faccetta nera” conquistava i soldati e gli italiani mentre quasi subito disgustò Mussolini che voleva abolirla e per questo fece comporre la sfortunata e ignota “Faccetta bianca”. Il 5 maggio 1936 alle 16 gli italiani entravano ad Addis Abeba e il 9 veniva proclamato l’impero. Era una forzatura e una mistificazione, perché la guerriglia continuerà fino alla sconfitta italiana a opera degli inglesi nel 1941 e il ritorno sul trono di Giuda del negus Selassié, che non casualmente rientrò nella capitale il 5 maggio. Era di fantasia anche la celebre copertina della Domenica del Corriere con Badoglio su un cavallo bianco che entrava ad Addis Abeba in parata.
Quell’ingresso era stato assai poco epico e ancor meno trionfale, in una Lancia e sotto a un temporale. Il conquistatore Badoglio, già beneficiato del titolo di marchese del Sabotino nonostante le responsabilità nella rotta di Caporetto, poche settimane dopo fu elevato da Vittorio Emanuele, divenuto imperatore d’Etiopia, al rango di duca di Addis Abeba, e pretese che fosse trasmissibile agli eredi. La Repubblica gliel’avrebbe cancellato anche come predicato del nome, come tutti i titoli nobiliari distribuiti dopo la Marcia su Roma.
Il comunismo? Un orrore nazionalista e razzista
Proporzioni, efferatezza, cecità ideologica: forse è stato il più grande orrore umano contro il gen...IL SARCASMO DI WINSTON
L’Italia, che si era svenata per sostenere le spese militari dell’impresa coloniale, si imbarcherà nella guerra civile spagnola con un ulteriore e insensato salasso e poi verrà precipitata impreparata ed esausta da Mussolini nel disastro della seconda guerra mondiale. Quando dopo la resa incondizionata dell’8 settembre 1943 e la fuga di Pescara, Vittorio Emanuele III continuò a fregiarsi dei titoli dire d’Albania e di imperatore d’Etiopia, Winston Churchill commentò sarcastico che forse avrebbe dovuto farsi incoronare dai suoi sudditi africani. Era già fuori dal tempo e dalla storia.