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Pansa: se volano i falchi arriva il disastro

Giampaolo Pansa

Pensavo che la condanna del Cav spingesse il centrodestra a darsi una configurazione nuova, capace di attrarre consensi. Invece sta dominando un caos rivoltoso che ci porterà solo disgrazie

Eliana Giusto
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Adesso tutti avranno capito quale sia il vizio oscuro di gran parte della Casta politica. E' l'assoluta, sfrontata, tetragona indifferenza per la sorte del paese. L'Italia va a picco e rischia il baratro, ossia di finire come la Grecia? Allegria, chi se ne importa! Nei due blocchi maggiori, il centrodestra e il centrosinistra, molti si curano soltanto del proprio fatturato. Mi ricordano i naufraghi del “Titanic”. Con una differenza capitale: sono i politici a spingere la nave contro l'iceberg che la manderà a fondo, accoppando noi e anche tanti di loro.  Dopo la condanna definitiva di Silvio Berlusconi avevo pensato di scrivere un Bestiario sulla necessità che il centrodestra si desse una configurazione nuova, capace di attrarre i consensi di molti astenuti e di elettori che non avevano mai votato per il Pdl. Ma quello che è accaduto, e forse accadrà, nel partito del Cavaliere mi ha convinto che andavo a caccia di sogni. Nella formazione leader del centrodestra, purtroppo sta dominando un caos rivoltoso che ci porterà soltanto disgrazie.  Arrivo a capire Berlusconi, però un capo politico del suo peso dovrebbe condursi in modo diverso. Avrebbe l'obbligo di mantenersi freddo, cauto e riflessivo. Invece ha deciso che la linea del Pdl ha da essere quella dei falchi. Parafrasando papa Francesco, mi domando: chi sono io per giudicare il Cavaliere? Soltanto un signor Nessuno. Ma per la professione che faccio da sempre, ho l'obbligo di scrivere quello che vedo. E tanti anni da cronista della politica italiana mi hanno convinto che, quando in un partito importante dominano gli ultrà, il risultato è uno solo: arriva il disastro. Se poi il primo dei falchi è il leader, la catastrofe è garantita.  Il venerdì 2 agosto 2013 verrà ricordato per un insieme di errori che la nomenclatura del Pdl ha compiuto in un lasso di tempo brevissimo, tra il pomeriggio e la sera. Per cominciare, la decisione, forse soltanto minacciata, però conclamata, di far dimettere tutti i parlamentari. Poi la scelta di manifestare in piazza a Roma nel pomeriggio di domani. Quindi l'aut aut al capo dello Stato: la grazia a Berlusconi oppure tutto crolla. Infine un altro ricatto: il governo guidato da Enrico Letta deve iniziare subito il lavoro per riformare la giustizia, altrimenti bisogna sciogliere le Camere e andare subito al voto anticipato. A distanza di appena pochi mesi dalle consultazioni precedenti.  Già, il voto. Ma per arrivarci la strada è molto lunga e non priva di ostacoli. Il primo è la mancanza di una legge elettorale che sostituisca il Porcellum e garantisca un risultato capace di dirci chi ha vinto e chi ha perso. Senza questa legge, Giorgio Napolitano non scioglierà mai le Camere. Semmai si dimetterà. Con gli esiti facili da immaginare.  Per di più, il Pdl è davvero convinto di vincere le elezioni? Quali alleati avrà al suo fianco? L'amico storico, la Lega, è ridotto al lumicino. E non saranno le battute grossolane di un Matteo Salvini (“Speriamo solo che ora cada questo governo infame”) a convincere gli elettori leghisti nauseati dalla guerriglia fra Maroni e Bossi.   Certo, i sondaggi oggi affermano che il Pdl è assai più forte del Pd. Ma ormai abbiamo imparato che le intenzioni di voto sono uguali ai sorrisi delle ragazze svelte: promettono molto e mantengono poco. Il Cav deve essersi convinto di trionfare nell'urna. Però neppure il suo formidabile intuito di collettore dei consensi può garantirgli che l'area più moderata dei sostenitori del Pdl lo seguirà in questa nuova avventura.   Non sta meglio l'altro blocco politico, quello aggregato attorno al Partito democratico. Lo spettacolo offerto dal vertice è degno di un film horror, ma interpretato dagli indimenticabili Franco Franchi e Ciccio Ingrassia. Al Nazareno dominano gli umori cattivi e le pulsioni suicide. In troppi giocano di nascosto per la fine del governo Letta. Non c'è rispetto per un premier che viene dal Pd e ha tenuto in piedi la baracca Italia, riconquistando in Europa il prestigio arrivato allo zero.   Non possono assalire Letta in modo esplicito, però fanno di tutto per rendergli difficile la vita. Vediamo in attività quinte colonne di sabotatori per niente eccellenti. Un esempio? L'acidità nevrotica di Pierluigi Bersani, un presunto statista ormai fallito. Dove credono di andare quanti si muovono come lui? Forse a un'alleanza con Beppe  Grillo che il Napoleone stellare fa balenare attraverso i sottopancia piazzati in Parlamento, per poi smentirla subito dopo.   I tifosi della crisi di governo e dell'azzardo di nuove elezioni sono una folla nel Pd. Un altro esempio per tutti? La sempiterna Rosy Bindi che l'altra sera, nel programma tivù di Luca Telese per la Sette, mostrava la mutria della cuoca cattiva. Una signora omicidi che  spasima di mettere in tavola la minestra al veleno capace di mandare al creatore quel povero illuso di Letta.  In questa casa di matti democratici, uno dei pochi dotati di buonsenso è, a sorpresa, Stefano Fassina, vice ministro dell'Economia. Intervistato da Francesca Schianchi della “Stampa”, ci ha offerto una previsione raggelante: “Oggi una crisi di governo vorrebbe dire, quasi automaticamente, arrivare a un programma con la troika europea, con conseguenze pesanti sulle condizioni di vita delle persone. Quelli che sperano di sedersi a Palazzo Chigi dopo Letta si troverebbero in un contesto molto poco gradevole”.    Anche in questo caso la sorte della Grecia è uno spettro che si riaffaccia in casa nostra. Per scongiurarlo, basterebbe ricordare una verità sotto gli occhi di tutti. Gli italiani sono stanchi degli estremismi che la Casta sforna ogni giorno. Tanti vogliono lavoro, sicurezza per i loro risparmi, speranze e anche un po' di ottimismo. Questa Italia non si deprime né si entusiasma per la sorte di Berlusconi. Pensa a se stessa, alla propria esistenza sempre più difficile. E osserva con rabbia crescente le manovre di troppi politici.   Ecco un'altra realtà che molti fingono di non vedere. Tra questi ciechi per scelta ci sono anche i media che ritengono Berlusconi il principio e la fine di tutti i nostri mali. Mi viene in mente un giornale come il “Fatto quotidiano” e all'impegno che metterà nel saturarci con le cronache sul Grande Delinquente ostinato a non morire.  Ma penso soprattutto a un colosso come “Repubblica”. Il suo editore, il mitico Ingegnere, non si rende conto che, nel caso di un crac del paese, anche lui andrà con le gambe all'aria? Carlo De Benedetti conta di regnare su un cumulo di macerie? Poiché non è uno sciocco, credo che in segreto provi un fifa blu per i rischi che stiamo correndo. Mi piacerebbe domandargli se la fine del Cavaliere non gli basti, oppure voglia anche lo scalpo di Enrico Letta, un trofeo da poco visto che il premier taglia a zero i radi capelli.  Mentre scrivo il Bestiario, sento crescere dentro di me l'amarezza di vivere in  un'Italia abitata da gente magnifica. Ma presa di mira dalla sfortuna di avere troppi politici che non rendono onore al proprio paese. Come stupirsi che l'unico partito in crescita continua sia quello di chi si astiene dal voto? Il nostro santo protettore, l'unico argine a troppe mosse suicide, è il presidente della Repubblica. Fate attenzione alle mosse di Giorgio Napolitano. Ci aiuteranno a capire quale sarà il nostro destino.  di Giampaolo Pansa

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