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Stato vegetativo: la svolta

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Il caso di un paziente belga: fotografate nel cervello le risposte agli stimoli esterni

Maria Acqua Simi
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Proprio in queste settimane Pietro Crisafulli, fratello di Salvatore, ha minacciato di portare il fratello a morire in Belgio perché in Italia manca, a suo dire, l'adeguata  assistenza. Eppure, proprio dalla nazione belga, oggi arriva  il risultato di uno studio clamoroso, che ha mostrato come un 29enne belga in stato vegetativo sia in grado di rispondere agli stimoli esterni che gli vengono mandati cerebralmente.  Il ragazzo, come fu per Eluana Englaro, è in stato vegetativo dal 2003, a causa di un incidente stradale che lo ha inchiodato al letto per tutti questi anni. Oggi si trova al centro di uno studio che ha guadagnato le pagine del "New England Journal of Medicine", perché si è mostrato capace di "comunicare" con i medici, rispondendo "sì" o "no" alle domande che gli venivano poste dai dottori. In buona sostanza, i medici hanno avuto accesso a quelle aree cerebrali che si attivano nel nostro cervello quando diamo risposte affermative o negative a un quesito. La ricerca, condotta da una squadra di studiosi belgi e britannici capitanati da Adrian Owen, del Medical Research Council di Cambridge, a detta degli scienziati potrebbe rivoluzionare il rapporto con questi pazienti, lasciando, ad esempio, che siano loro stessi a esprimersi circa la possibilità di continuare a vivere in quelle condizioni. «Potranno essere coinvolti - ipotizza lo stesso Owen - nelle decisioni relative al loro destino». Grazie a uno scanner di ultima generazione, gli studiosi hanno "fotografato" l'attività cerebrale del giovane sottoponendogli alcune domande, ad esempio 'Tuo padre si chiama Thomas?'. Ebbene, nel ragazzo si attivano le stesse aree del cervello che si accendono nelle persone sane. «Siamo rimasti attoniti - riconosce Owen sulle pagine del britannico 'Daily Mail' - quando abbiamo visto i risultati dei test, che mostravano chiaramente che l'uomo era in grado di rispondere alle nostre domande. Non solo i risultati dello scanner ci dimostravano che il paziente non era in uno stato vegetativo, ma per la prima volta in tanti anni ci consentivano di vedere che l'uomo riusciva a comunicare col mondo esterno». Lo studioso a capo della ricerca riconosce che la tecnologia usata è molto dispendiosa dal punto di vista economico, ma sottolinea che in futuro potrebbe essere usata per comunicare con questi pazienti circa, ad esempio, la necessità di ricevere antidolorifici o la possibilità di sottoporsi a nuove terapie farmacologiche. Gli studi- Complessivamente sono stati studiati 54 pazienti e cinque di questi, come il ventinovenne belga, hanno mostrato la capacità di modulare l'attività cerebrale. I risultati della ricerca, condotti da un gruppo misto di esperti inglesi di Cambridge e belgi di Liegi, sono così interessanti che la loro pubblicazione è appena avvenuta sull'edizione online del New England Journal of Medicine e sono accessibili gratuitamente sul sito (cosa non abituale perché di solito l'accesso è a pagamento). I ricercatori hanno utilizzato, per studiare i pazienti, un sistema, messo a punto da Adrian M. Owen, neuroscienziato al Medical Reserach Council di Cambridge, che si avvale di un esame chiamato risonanza magnetica capace di visualizzare l'attività del cervello e hanno posto una serie di semplici domande ai pazienti del tipo «Hai un fratello?», «Sei mai stato a New York?», controllando se le risposte erano corrette secondo schemi piuttosto sofisticati.

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