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Sanità, donna muore di meningite

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Secondo il marito si poteva salvare

Monica Rizzello
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Secondo il marito, la donna di Cremona morta di meningite poteva essere salvata. «C'è qualcosa che non mi quadra, ci sono ombre in tutta la vicenda: secondo me mia moglie poteva essere salvata, qualcosa non è andato per il verso giusto». Pierangelo Zanazzi, l'uomo di Scandolara Ripa d'Oglio (Cremona) che in meno di tre giorni ha perso il figlio di 20 anni Mirko, ucciso da setticemia fulminante, e la moglie Orsola, morta di meningite, è duro nei confronti dei sanitari dell'ospedale maggiore di Cremona e si rivolgerà a un legale. Zanazzi, 60 anni, in pensione dal 2008, non si dà pace. «Non capisco perché la terapia a me, a mia moglie e a mia figlia è stata data solo domenica pomeriggio. Quando hanno visto le condizioni di mia moglie è successo il finimondo, solo domenica è scattato l'allarme e ci hanno dato le medicine nel primo pomeriggio - dice - qualcosa non quadra, mi sembra che ci siano stati tempi morti. Probabilmente per mio figlio non c'era più nulla da fare, ma mia moglie Orsola forse con le medicine si poteva salvare, almeno si poteva tentare». I vertici sanitari dell'ospedale Maggiore di Cremona respingono le accuse e sostengono di «avere fatto tutto il possibile per salvare il ragazzo e la mamma». «È un loro diritto rivolgersi a un avvocato, ma la mia struttura, i miei medici hanno fatto tutto il possibile - afferma il direttore generale dell'ospedale maggiore Piergiorgio Spaggiari - Ribadiamo il nostro dispiacere per quello che è successo alla famiglia Zanazzi, capisco il loro dolore, ma siamo con l'animo tranquillo. Posso assicurare che sono stati fatti tutti i passi, con grande scrupolosità e professionalità».

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