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Ucciso un bimbo di 8 mesi

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La madre e il compagno arrestati avevano assunto cocaina

Eleonora Crisafulli
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Un bambino di otto mesi è morto per un trauma cranico a Genova. I sospetti, ricaduti subito sulla madre e il patrigno, si sono concretizzati nella notte con l'arresto dei due, accusati dell'omicidio volontario del piccolo Alessandro. Caterina Mathas, di 26 anni, ed il suo compagno, Giovanni Rasero, di 29, entrambi genovesi, sono stati interrogati per diverse ore in questura, professandosi innocenti. Sono adesso rinchiusi nelle carceri di Marassi e di Pontedecimo. Segni di sevizie - Ieri Alessandro era stato trasportato dalla coppia al pronto soccorso dell'ospedale pediatrico Gaslini con un grave trauma cranico. Era già morto, ma i sanitari avevano tentato comunque una manovra di rianimazione. Proprio il personale medico, constatando che la ferita non era compatibile con una caduta, aveva avvertito la polizia. Il medico legale che ha esaminato il corpo senza vita ha poi trovato segni di ustioni (forse da sigaretta), lividi e poi una lesione alla spalla. Il racconto degli indagati - Secondo la ricostruzione degli indagati, Caterina, che vive con i genitori nel quartiere di San Fruttuoso, aveva trascorso quella notte nel monolocale preso in affitto da Rasero in un residence di Nervi. Raccontando i fatti al capo della squadra mobile Gaetano Bonaccorso, al dirigente della sezione omicidi Alessandra Bucci e al sostituto procuratore Marco Airoldi,  la madre ha sempre sostenuto di aver trovato il bimbo esanime nel suo lettino al risveglio. In un primo momento la versione è stata confermata dal compagno, che non è il padre del bambino, ma nel corso dell'interrogatorio ha poi dichiarato di aver visto la donna "sbattere" il piccolo. La Mathas ha replicato sostenendo di essere stata svegliata dal compagno in quanto il bambino non si muoveva più. Con il passare delle ore, inoltre, entrambi hanno ammesso di aver assunto cocaina in serata. La madre in carcere - Continua a ripetere  "chi mi ha portato via il mio cucciolo? Non ci posso credere che il mio cucciolo non ci sia più. Non posso credere che sia stato quel ..." e piange disperata Catarina Mathas, accusata assieme al compagno Giovanni Rasero dell'omicidio del piccolo Alessandro. Col passare delle ore si fa più forte in lei la consapevolezza di quanto avvenuto in quel lussuoso monolocale di Nervi martedì notte, della morte del suo bimbo, del fatto di essere accusata in concorso col suo accompagnatore, dell'omicidio del suo «cucciolo». Mercoledì mattina il legale della giovane, l'avvocato Igor Dante, è andato a trovarla. La descrive come una madre disperata per la perdita del proprio bambino, di una donna che respinge quasi indignata le accuse che le vengono mosse, di una ragazza niente affatto preoccupata dall'organizzare una strategia difensiva.  Le parole di Catarina vengono spesso interrotte da singhiozzi e lacrime, che si alternano con momenti di lucidità in cui si sforza di ricordare. Continua a dare la sua versione, così come l'ha ripetuta per tre volte ieri sera davanti al pm Marco Airoldi, senza cadere in contraddizione, come spiega il legale. Un racconto che può essere sintetizzato in questo modo: alle 23.30 circa sono arrivati nell'alloggio di Nervi, lei e Rasero si sono fatti di cocaina, e dopo una mezzora circa è uscita lasciando il bimbo. È stata fuori per un'oretta e al suo ritorno ha controllato che il piccolo, che riposava sul divano, stesse bene e poi si è messa a dormire. È stato Rasero, alle 10.30 di ieri mattina, secondo il suo racconto, a svegliarla dicendole che Alessandro non si muoveva più, poi di corsa al pronto soccorso dell'istituto Gaslini. La Mathas è stata messa in una cella separata dalle altre detenute, per evitare da possibili improperi o violenze da parte di altre detenute, visto il reato di cui è accusata. In giornata la ragazza è stata visitata da uno psicologo, ha incontrato un assistente sociale, ed ha guardato un pò di tv. Secondo quanto emerso la donna, sebbene fosse stata segnalata in prefettura per l'assunzione di sostanze stupefacenti, non era in carico ai servizi sociali del Comune e non era seguita dal Sert. L'identikit di Giovanni Rasero - Sposato, separato, padre di due bambini piccoli e agente marittimo proveniente da una famiglia borghese di Genova: questo il profilo di Giovanni Antonio Rasero, 29 anni, incensurato, in carcere con l'accusa di omicidio volontario per la morte del piccolo Alessandro di otto mesi in concorso con la madre del bimbo Caterina Mathas di 26. Da poco tempo Rasero aveva lasciato l'agenzia di brokeraggio marittimo che gestiva con la moglie, e si era messo in proprio. Da un mese aveva preso in affitto un monolocale in un residence del quartiere di Nervi, nel levante di Genova, un complesso che comprende anche piscina e campi da tennis. È proprio qui che nella notte di lunedì si è consumato l'omicidio del bimbo. Il suo legale, l'avvocato Giuseppe Nadalini lo ha visto per l'ultima volta stanotte prima del trasferimento nel carcere di Marassi dove Rasero è detenuto in una cella di isolamento. Intanto dalla ricostruzione fatta negli interrogatori notturni emerge che Rasero era andato a prendere Caterina Mathas ed il bimbo a Rapallo, a casa di un altro uomo (estraneo alle indagini). Prima di tornare a Genova, i due avrebbero affidato per qualche tempo il piccolo all'uomo, allontanandosi. Poi sarebbero tornati a prenderlo per raggiungere Nervi. Gli investigatori della squadra mobile hanno sequestrato i filmati delle telecamere del residence per accertare la veridicità delle ricostruzioni fornite da Rasero e Mathas circa un presunto allontanamento della ragazza dal monolocale nella notte, nel corso del quale avrebbe lasciato il piccolo con l'uomo.

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