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Via Poma, "troppo perfetto" il suicidio di Vanacore

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I risultati della perizia medico-legale

Eleonora Crisafulli
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"L'acqua è bassa, tanto che sarebbe stato sufficiente afferrare una roccia con una mano per mettersi in salvo", il luogo scelto per portare a termine il tragico progetto è "a ridosso di una strada trafficata" e i biglietti con gli ultimi messaggi di Pietrino Vanacore sono troppo "grandi e visibili". Sono tante le anomalie riscontrate dal medico legale che ha eseguito l'autopsia sull'ex portiere del palazzo di via Poma dove fu uccisa la giovane Simonetta Cesaroni. Secondo Massimo Sarcinelli, il caso "presenta davvero tanti lati oscuri". Sicuramente non è in dubbio la morte per annegamento, ma desta sospetti "la decisione di lasciarsi andare in quel tratto di mare" e in pieno giorno. Anche se ogni episodio è diverso dall'altro, di solito "una persona che intenda suicidarsi preferisce non correre il rischio che prevalga l'istinto di sopravvivenza". Non è comune, inoltre "la lucidità mostrata da Vanacore nel predisporre il suicidio, il modo in cui si è premurato di far ritrovare il corpo legandosi una caviglia con una fune fissata a un albero". Quanto al veleno, un anticriptogamico che l'uomo avrebbe ingerito, "può essere servito da narcotizzante", circostanza che spiegherebbe anche "la zeppola e i due bocconi di pane, mangiati prima e subito dopo" l'assunzione, "forse per cancellare il sapore sgradevole ed evitare il vomito. In ogni caso sono in corso altri accertamenti".

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