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India: condanna a morte per il terrorista

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Durante la lettura della sentenza l'attentatore ha pianto

Tatiana Necchi
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Condanna a morte per l'unico attentatore di Mumbai catturato vivo. Un tribunale indiano ha disposto per lui l'impiccagione. Il ventiduenne pakistano Mohammed Ajmal Amir Kasab è stato giudicato colpevole di omicidio e di aver partecipato a un'azione di guerra contro l'India per le stragi del novembre 2008 che fecero 166 morti nella capitale economica del paese. È probabile che ora si apra una lunga catena di ricorsi a vari tribunali. Alla fine del processo, durato un anno, il tribunale speciale ha accolto la richiesta dell'accusa che aveva definito il giovane una macchina per uccidere e la personificazione della crudeltà. Kasab faceva parte di un comando di 10 militanti islamici che per 60 ore hanno seminato il terrore per la città. Sono stati attaccati alcuni alberghi, la stazione ferroviaria, un ristorante e un centro ebraico. Il 22enne, esponente del gruppo Lashkar-e-Taiba, è stato riconosciuto colpevole di 80 capi di imputazione e per il giudice ML Tahaliyani la pena inflitta è «proporzionale al crimine commesso». Alla lettura della sentenza l'attentatore è scoppiato in lacrime. Il procuratore di stato Ujjwal Nikam, aveva chiesto la condanna alla pena capitale sostenendo che lui, e il suo complice Abu Ismail, durante l'assedio avevano ucciso 72 persone tra cui diverse donne, bambini e agenti di polizia. Il legale della difesa, KP Pawar, aveva chiesto alla corte di far prova di clemenza sulla base del fatto che aveva solo 21 anni al momento dell'attacco ed era stato vittima di un indottrinamento da parte del gruppo terroristico. Il Governo sostiene la pena di morte solo in alcuni e rarissimi casi ma dal 2004 non ci sono state esecuzioni capitali e dal 1998 ve ne sono state soltanto due.

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