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I giudici minacciano Silvio

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Il Pizzino - "Siamo a un passo da una verità di cui la politica potrebbe non reggere il peso". Messaggio esplosivo e sinistro dai pm siciliani che indagano sulla mafia e la morte di Borsellino

Tatiana Necchi
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di Gianluigi Nuzzi - «Siamo ad un passo dalla verità sulla strage di via d'Amelio. Una verità clamorosa di cui la politica potrebbe non reggere il peso». La frase è sinistra ed esplosiva, annuncia sulla morte del giudice Paolo Borsellino una verità choc per i palazzi della politica. Una verità tale che può come soffocare la voce del potere legislativo, spegnere una generazione, determinare il caos.  A pronunciarla è il procuratore di Caltanisetta Sergio Lari. Ancora una volta un magistrato, dopo Pietro Grasso, Pierluigi Vigna e tutto il gruppo di Ingroia. Ma si tratta di una toga speciale visto che è il procuratore capo di Caltanisetta, ovvero il capo dei magistrati che di nuovo indagano proprio sulla morte di Borsellino. È  possibile che a minuti Lari e Nico Gozzo, il sostituto titolare del fascicolo, smentiscano di aver mai pronunciato questa frase davanti ai parlamentari della commissione antimafia come riporta l'Ansa. Speriamo che smentiscano, che neghino di aver sganciato questa bomba H sulla politica. Che polverizza le vite umane ma lascia integri i palazzi. C'è da pregare che sia così visto che la smentita di Beppe Pisanu, presidente della Commissione, è poco credibile visto che ricorda di non poter  riferire alcunché  dello svolgimento dei lavori che si svolgono in seduta segreta. Quindi, se davvero Lari ha detto che «la politica potrebbe non reggere il peso» ha affermato qualcosa che è abnorme o infondato. Non c'è altra soluzione. Non è possibile che sia vero perché se fossimo davvero dinnanzi verità sconvolgenti per la vita della politica e quindi della democrazia, Lari avrebbe il dovere di tacere e di rivolgersi direttamente al capo dello Stato, depositario della nostra Carta e capo dell'organo che sovraintende la magistratura. E di certo Lari, contrariamente ad altri suoi colleghi come Francesco Saverio Borrelli, non è salito al Colle non ha investito il presidente della questione. Perché altrimenti sarebbe uscito dal Quirinale con la dispensa a proseguire le indagini nell'assoluto silenzio. Cioè l'opposto di quanto avvenuto con il titolare dell'inchiesta sulla morte di Borsellino che annuncia il collasso della politica di fronte alla sequenza di verità sulla strage che nella sua emersione sconvolgerà il sistema, lo Stato. Ma questi sono scenari da paese normale che ci portano troppo lontano da quanto sta accadendo. È  possibile che Lari ritenga che l'omicidio Borsellino sia un omicidio di Stato con la mafia utilizzata come manovalanza. Settori dello Stato che hanno prima determinato la morte del magistrato e poi compiuto quel «colossale depistaggio»  al quale fanno sempre cenno Gozzo e Lari nella loro audizione. Cosa Nostra avrebbe quindi introiettato le colpe per coprire complici e mandanti. Una trama che si sarebbe intrecciata nella vita degli apparati coinvolgendo la nostra intelligence, magistrati, alti funzionari di polizia, magari politici, determinando patti e ricatti. Una trama da agganciare poi con il lavoro del Pm di Palermo sulla trattativa con la corte degli Spatuzza chiamati a consesso. Per tagliare in due il Paese come una mela, questa la parte sana, questa la parte marcia. Ecco, non sappiamo ovviamente lo stato dell'arte, quanto ci sia di scenografico e quanto già consolidato da quelle “prove granitiche” invocate proprio da Lari per portare tutto ciò in un'aula di processo. Come non sappiamo se e quanto Antonio Di Pietro, membro dell'antimafia, respirasse voti nella sala della Prefettura udendo le parole degli ex colleghi. «E un momento cruciale – ha ancora anticipato Lari - . Sono trascorsi due anni dalle prime dichiarazioni di Gaspare Spatuzza. Dagli elementi che abbiamo acquisito sembrerebbe proprio che non sia stata solo la mafia a volere la strage di via D'Amelio». Ecco sullo sfondo Spatuzza, a nulla vale la sentenza d'appello che ha condannato Dell'Utri escludendo rapporti dello stesso con Cosa Nostra dalla nascita di Forza Italia che è avvenuta nel 1994, dopo gli attentati ai luoghi d'arte. Lari non entra nei dettagli ma annuncia qualcosa di apocalittico. Avverte che siamo su un piano inclinato, facile ai movimenti tellurici e non esclude che le lancette possano persino tornare indietro:  «Ho fatto collezione di proiettili e lettere minatorie. Voglio sperare di non finire anche io nel tritacarne come i miei predecessori. È  opportuno ricordare che ai tempi di Borsellino e Falcone la mafia era molto più forte, mentre oggi è molto più debole e tutti auspichiamo che non abbia più la forza per dare vita a una nuova era stragista». Anche qui, Lari coglie dei segnali precisi? E, soprattutto, la politica saprà reggere il colpo di queste affermazioni?

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