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Cgil, lezione di civiltà: "C'è il Cav? Usate il bastone"

Maniere forti. In una vignetta sui volantini per lo sciopero generale un uomo parla al nipote: "Se incontrassi Silvio..."

Andrea Tempestini
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La Cgil vuole  prendere a bastonate Silvio Berlusconi.  Per ora, è soltanto il disegno di un nonnetto, vagamente ispirato ad Abraham Simpson, ma uscito dalla penna assai meno talentuosa di Snake (in inglese: biscia, serpente). «Nonno, ti serve il bastone per camminare?», chiede il nipotino a un vecchio signore con un fazzoletto al collo stile partigiano, che risponde: «No, tranquillo Paolino, cammino benissimo. Mi serve nel caso incontrassi il premier....». I puntini di sospensione stanno ovviamente a indicare un'intenzione di aggredire fisicamente il presidente del Consiglio. E il dialogo fra le generazioni la volontà di trasmettere la cultura dello scontro fisico. L'aveva già fatto qualche decennio prima, a poca distanza, cioè nel Reggiano, un ex combattente della Resistenza, consegnando la propria rivoltella al brigatista Alberto Franceschini. Si potrebbero attribuire altri significati più soft e benevoli alla vignetta, che compare su un volantino di convocazione dello sciopero generale del 6 maggio prossimo, firmato dal sindacato dei pensionati della Cgil di Modena. Il testo del proclama accusa il governo del “fare” di aver ridotto le pensioni, aumentato le tasse, ridotto le tutele. E fin qui, è critica politica. Eppure sono le risoluzioni politiche, cioè le legnate, a colpire, per ora metaforicamente. Ma, visto il peso numerico ormai preponderante della sezione anziani, guidata dal segretario generale Carla Cantone, all'interno del sindacato rosso, l'invito alla violenza fa pensare. Ci sono ricascati, come se facessero a gara, tra le varie componenti interne, a chi si mostra più oltranzista. L'escalation era partita durante la gestione di Guglielmo Epifani. All'epoca la Fiom -Cgil di Bergamo, su un volantino diffuso il 9 ottobre 2009, aveva indicato come obiettivi Alberto Bombassei, già presidente di Federmeccanica, Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti, segretari generali, rispettivamente della Cisl e delle Uil, e il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi. Erano stati tutti ritratti in fotografie formato tessera sovrastate dalla scritta «Fermiamoli», ridotta a un colabrodo, dove era difficile distinguere fra i segni di colpi d'arma da fuoco e le lacerazioni sulle lettere, tracciate in rosso. Il tutto aveva il sapore di un'indicazione del «nemico del popolo», che richiamava alla memoria gli innumerevoli attentati compiti in Italia dalle Brigate Rosse e dai loro emuli fino a pochissimi anni fa. Sembrava che qualcosa fosse cambiato con l'arrivo nel novembre scorso di Susanna Camusso, già messa ai margini dalla Fiom ai tempi di Gianni Rinaldini. Ieri a Bologna, dal palco dell'attivo dei delegati della Cgil Emilia Romagna, anche la pasionaria ha picchiato duro: «A chi dice che lo sciopero generale sarà politico per denigrarlo ed esporlo al pubblico ludibrio, io dico sì sarà uno sciopero politico». Il loro slogan, d'ora in poi potrebbe diventare: «Politica e manganello, sindacalista modello». di Andrea Morigi

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