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Non si trattiene o ha un piano? C'è chi non crede alla 'gaffe'

Il dubbio: il 'superministro' Tremonti vuole sabotare il governo? Forse insulti a Brunetta sono voluti. Dopo la manovra Pdl sotto a 20%

Andrea Tempestini
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E se lo avessimo sopravvalutato tutti, giornalisti, politici ed elettori, maggioranza e opposizione? Se Giulio Tremonti fosse uno del calibro di Massimo D'Alema, un gran perdente di successo, del quale va tanto di moda lodare la sagacia e le battutine sarcastiche, ma che messo davanti alla prova cruciale rimedia sempre pessime figure? Il dubbio si fa solido guardando il video che riprende il ministro dell'Economia in conferenza stampa mentre dà del «cretino» a Renato Brunetta, nella certezza di non essere sentito (ammesso che la sua convinzione fosse davvero questa: ne riparliamo tra poco). Impossibile trovare una giustificazione per quanto combinato da Tremonti. Nemmeno lui ci ha provato, tanto che - appena scoperto - ha chiesto perdono al titolare della Pubblica amministrazione. Lasciamo pure da parte i giudizi espressi sul collega di governo: che i due non si sopportino è cosa nota. Ma è il modo che ancor offende, prima che Brunetta, l'immagine che Tremonti si è costruito in tutti questi anni: quella di persona accorta, dall'intelligenza rapida. Insomma, con rispetto parlando quella di un paraculo infallibile. Invece in quel video il ministro ci ha riportato indietro alle migliori performance di Fantozzi (Ugo, non Augusto). Tremonti aveva di fronte dozzine di telecamere, ognuna col suo bravo microfono direzionale puntato. Lo stesso microfono che il ministro aveva davanti a sé, sul tavolo, era acceso. I giornalisti erano a pochi metri. Di certo lui non si è sforzato di parlare a bassa voce. Persino la sua mimica facciale era eloquentissima: si capiva al primo sguardo che stava smadonnando per ciò che Brunetta diceva. Proprio per questo la telecamera galeotta che di lì a poco lo avrebbe colto in fallo si è girata verso di lui. Gianni Letta, per dire un altro di quelli che Tremonti non ama (ricambiato pure in questo caso) e che però come lui viene considerato una mente fina, una figuraccia simile non l'avrebbe mai rimediata. Tremonti ci è riuscito e lo ha fatto nel momento peggiore: durante il varo di quel provvedimento di correzione dei conti pubblici che deve risparmiare all'Italia il tuffo nello stesso burrone nel quale è precipitata la Grecia. Alle agenzie di rating e ai mercati internazionali è stata offerta così l'immagine di un governo che litiga mentre affronta il decreto più importante, scritto da un ministro imbranato che non sa nemmeno quando è il caso di stare zitti in pubblico. E questa è la lettura più benevola di ciò che è accaduto. Perché nel governo e nel Pdl ne gira anche un'altra, assai più inquietante. E cioè che Tremonti abbia detto tali cose in quel modo non per errore, convinto che nessuno se ne accorgesse, ma proprio perché voleva che si sapesse ciò che lui pensa di Brunetta. Insomma, un sabotaggio del governo nell'ora più delicata. Tesi folle, dettata dal nervosismo estremo di questi giorni? Probabilmente sì, ma per chi le vuole vedere le conferme sono ottime e abbondanti. Primo: Tremonti non è uno scemo. Errori simili non sono da lui. Secondo: l'elezione di Angelino Alfano a primo segretario del Pdl ha provocato un travaso di bile al ministro dell'Economia, il quale era convinto che il posto di candidato premier in pectore - perché di questo si tratta - sarebbe andato a lui. «Durante il consiglio nazionale Giulio era verde in viso» è frase che nel Pdl ripetono in tanti. Quel momento, insomma, avrebbe segnato il punto di non ritorno nel distacco di Tremonti dal partito di Silvio Berlusconi. Terza prova, la più importante: la manovra preparata in via XX settembre pare scritta apposta per far perdere consensi al Pdl e all'esecutivo. Lo stesso Berlusconi dice ai suoi che «Giulio me l'ha fatto apposta». Il Cavaliere ha chiesto ai parlamentari azzurri di sommergere il decreto di emendamenti, in modo da renderlo meno punitivo per i contribuenti e più presentabile per gli elettori. Il tremendo sondaggio riservato giunto ieri a Palazzo Chigi, che fotografa un Pdl ridotto addirittura sotto al 20% dai nuovi balzelli appena sfornati dai tecnici di «Giulio», ha solo rafforzato la determinazione del premier a riscrivere il testo. A conti fatti il superministro esce da questa storia o come un goffo pasticcione o come un Mefistofele rancoroso che briga per sommergere tra le macerie Berlusconi e il Pdl. Anche se in certi casi, per dirla con una delle migliori battute di Tremonti, «il cumulo delle cariche non è vietato». di Fausto Carioti

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