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Helmut Lang distrugge l'archivio nel nome dell'arte

Oltre 6.000 capi realizzati in 25 anni di passerelle 'cancellati' per recuperare materiale per la sua ultima opere mostra a New York

Giulio Bucchi
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Prima stilista poi artista. Alle volte è un passaggio naturale. Spesso infatti l'indagine, la ricerca, e l'estro che si nascondono dietro ad una collezione sono solo l'origine di qualcosa di più grande che nell'evoluzione naturale della carriera di uno stilista finisce per confluire in una creatività più ispirata. C'è chi riesce a tenere ampio il suo raggio di azione, rimanendo fedele al primo amore, la moda, ma spaziando in altri campi, come Karl Lagerfeld (che ormai si divide tra l'ufficio creativo di Chanel e la sua macchina fotografica), ma anche chi, una volta mossi i primi passi nel mondo dell'arte non è riuscito più a guardarsi indietro, come Helmut Lang. Dalla moda all'arte - Sceso definitivamente dalle passerelle nel 2005 - pare che persino Hermés abbia provato a convincerlo a prendere il posto di Jean Paul Gaultier, poi passato a Cristophe Lemaire, senza successo - negli ultimi 6 anni si è dedicato esclusivamente alla sua carriera di artista consacrata nel 2008 con la sua prima mostra, Kestnergesellschaft, in Germania. Abbandonati senza rimorsi i suoi abiti dalle linee essenziali e severe, che dalla fine degli Anni 70 alla data del suo ritiro hanno sedotto milioni di ammiratrici – rimaste poi nell'attesa, inutile, dell'annuncio di un suo ritorno sulle scene anche solo con una capsule collection - l'ex stilista austriaco si è dedicato anima e corpo all'arte, tanto da decidere di sacrificare metaforicamente - e non solo - tutto il suo passato da designer in nome della sua nuova passione, quasi fosse un personale processo di purificazione attuato per chiudere definitivamente con la moda e le passerelle. Più o meno 25 anni di carriera Lang sono andati in fumo, o meglio in sculture per amore dell'arte. A stelle e strisce - A New York, alla Fireplace Project Gallery, ha appena inaugurato Make It Hard, la mostra che ospita una dozzina di colonne-scultura che il neo artista ha realizzato con tessuto, pelliccia, plastica, piume, pelle e tutto ciò che è riuscito a ricavare dal suo archivio personale, distruggendo oltre 6.000 capi. Un acquisto per il mondo dell'arte, una perdita attutita solo dalle generose donazioni fatte in passato dallo stilista a musei e gallerie che fortunatamente ne conservano il percorso stilistico, per la storia del costume. di Donatella Perrone

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