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Liberati i 4 giornalisti italiani ma l'incubo continua in hotel

Blitz degli insorti, gli inviati di Corriere, Avvenire e Stampa portati all'hotel Corinthia: "Stanno bene". Poi nuovi scontri a fuoco

Andrea Tempestini
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L'odissea dei quattro giornalisti italiani sequestrati mercoledì mattina in Libia non è ancora terminata. Gli inviati del Corriere della Sera Elisabetta Rosaspina e GIuseppe Sarcina, quello della Stampa Domenico Quirico e di Avvenire Claudio Monici sono stati liberati da due giovani lealisti libici e quindi sono stati portati all'hotel Corinthia, uno dei punti più sicuri di Tripoli. Poco dopo l'ora di pranzo, però, il nuovo incubo: si è aperto uno scontro a fuoco nelle vicinanze dell'edificio e qualcuno parla anche di spari all'interno. Volto tumefatto - Secondo quanto ha riferito l'inviato di SkyTg24, che ha visto i quattro rientrare in albergo, uno di loro aveva evidenti segni di percosse sul volto. Domenico Quirico, che si è messo in contatto con la redazione della Stampa da Tripoli, ha raccontato: "Sono vivo, vegeto e libero. Adesso sto bene, ma fino a un'ora fa pensavo di essere morto". "Il nostro primo pensiero - hanno spiegato i giornalisti all'inviata di Gr Rai in Libia - va all'autista ucciso a sangue freddo dai sequestratori" nel blitz di mercoledì. "Abbiamo rischiato il linciaggio" - Morici ha poi raccontato le fasi del sequestro: "Stavamo cercando di raggiungere l'hotel internazionale e siamo finiti in una strada molto silenziosa e abbiamo sentito dei colpi. Siamo tornati subito indietro e ci siamo dovuti fermare. C'era l'esercito libico, l'autista non poteva fare retromarcia e ci siamo dovuti fermare. Ci hanno spinto fuori dalla macchina. Ci hanno chiesto chi eravamo, cosa volevamo. Siete italiani, ci bombardate, ci hanno detto. Qualcuno è stato preso a calci e pugni. Il nostro autista ha cercato di chiudere la portiera del pick up ma era impossibile. Hanno preso l'autista e lo hanno fatto uscire. Ha capito che era la fine per lui e lo hanno picchiato e ucciso davanti ai nostri occhi. Erano arrabbiati, con gli occhi iniettati di sangue. Ci hanno rinchiusi in un garage e ci hanno rubato tutto. Poi siamo stati rinfocillati con acqua e biscotti. Penso alla famiglia del nostro autista, ci aveva chiesto di salutare suo padre e sua madre. Era un amico. Non un amico da tanti anni. Un uomo buono. Parlava un misto di italiano e inglese. Lavoravamo spalla a spalla. L'ho visto pregare per la sua vita". L'inviato di Avvenire ha poi aggiunto: "Abbiamo rischiato di essere linciati, è un miracolo se siamo vivi. Una persona ha capito la situazione e ci ha strappati dalle mani degli assalitori. Sono stati tra i momenti peggiori della mia vita, molto più faticosi di altre volte in cui mi sono trovato in situazioni difficili". "I civili sono persone straordinarie" - Sarcina, inviato del Corriere, ha spiegato: "Ci hanno preso vicino a piazza Verde e portati in una casa. Fortunatamente le cose sono migliorate. Siamo stati liberati dai lealisti, c'erano due gruppi differenti. Siamo stati trattati bene. I civili sono persone straordinarie e siamo grati per come hanno agito. Credo che posso trarre una lezione. Entrambe le parti sono persone buone. La guerra è orribile perché persone buone e amiche poi diventano nemiche. I rapitori non erano soldati regolari, ma neanche civili, erano miliziani. Aperta un'inchiesta - Nel frattempo si è appreso che la Procura di Roma ha avviato un'inchiesta sul rapimento dei quattro cronisti. I reati ipotizzati sono sequestro di persona con finalità di terrorismo e rapina. Il fascicolo è stato aperto dal procuratore aggiunto Piero Saviotti, che ha affidato ai carabinieri del Ros e alla Digos il compito di svolgere accertamenti. Il fascicolo contiene un primo rapporto degli investigatori inseme alle notizie di stampa. Da par suo, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, appresa la notizia del ritorno in libertà dei giornalisti, ha espresso viva soddisfazione e ha ringraziato il ministero degli Affari esteri, e in particolare l'unità di crisi e quanti si sono prodigati per la positiva conclusione della vicenda.

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