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Giggino tradisce San Gennaro De Magistris apre la moschea

Dal miracolo al ramadan: il sindaco di Napoli imita Renzi e Pisapia e annuncia: "Costruiremo un luogo di culto per l'Islam"

Giulio Bucchi
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All'islam partenopeo, dopo decenni di amministrazioni rosse, non manca proprio nulla, nemmeno la moschea gentilmente concessa dal Comune. Eppure il neosindaco Luigi De Magistris non vuol essere da meno dei sui colleghi di sinistra milanese e fiorentino. Giuliano Pisapia ha vinto le elezioni puntando sul multiculturalismo? Matteo Renzi si è reso disponibile a ospitare, purché in periferia, la moschea nella città di Oriana Fallaci? E allora anche l'ex magistrato si affretta ad annunciare la costruzione di un nuovo luogo di culto per i musulmani: «Stiamo lavorando come amministrazione comunale per l'individuazione del sito e spero che entro l'anno si possa fare». A dire il vero, fa un po' il prezioso sull'ubicazione: «A dicembre indicherò il luogo dove sorgerà». Al sospetto che non abbia la minima idea su dove piazzare il minareto va aggiunta la comprensibile preoccupazione di evitare una rivolta nel quartiere prossimo a essere investito dal richiamo del muezzin. Ma ieri sera, sul sito del Mattino, il quotidiano più diffuso a Napoli, un sondaggio online indicava un 53 per cento di contrari alla moschea, nonostante che il primo cittadino avesse ricordato che «in questa città c'è un'ampia comunità islamica con la quale si sono instaurati buoni rapporti di collaborazione» e avesse sottolineato come Napoli sia una «città di integrazione». Escludendo ovviamente chi non vuole integrarsi. È all'indomani del miracolo di san Gennaro, protettore della città, che De Magistris svela il suo progetto, rimasto segreto fino a ieri. Prima della liquefazione del sangue del patrono se n'era ben guardato. Lui si dichiara cattolico, ma ora dice di voler parlare di «religione più che di cattolicesimo». Perciò pensa a un «luogo comune dove si possano riunire e discutere le comunità cattolica, musulmana, ebraica ed evangelista». Per il sindaco sarebbe «un segnale diverso rispetto al passato». Lo sarebbe soprattutto se riuscisse a ricomporre le fratture interne alle diverse comunità islamiche del capoluogo campano, in particolare fra il gruppo Zayd Idu Thabit, che si riunisce nella sala di preghiera di Piazza Mercato, in uno stabile comunale, e i concorrenti di corso Lucci, affiliati all'Ucoii, l'Unione delle Comunità e Organizzazioni islamiche in Italia. E mentre le prime due sigle rivaleggiano per la leadership e le offerte, a fare da terzo incomodo da qualche anno è sorta un'altra associazione, composta in gran parte da bengalesi e pakistani, che hanno affittato un locale nei pressi di Porta Nolana. In città e nei dintorni, tuttavia, è attiva una rete salafita che prolifera nei comuni vesuviani ma ha collegamenti con il resto del territorio italiano e all'estero. Nel novembre scorso i carabinieri dei Ros, coordinata dalla sezione antiterrorismo della Procura di Napoli, avevano arrestato undici persone sospettate di far parte di Al Qaeda. Nel gennaio 2008 la Corte d'Appello napoletana aveva condannato per associazione a delinquere con finalità di terrorismo altri tre algerini arrestati dai Ros nel 2005 nell'ambito dell'operazione Full Moon che aveva individuato la collaborazione fra jihadisti e camorra. Ormai lo sanno anche nel Maghreb che, per procurarsi documenti falsi, bisogna frequentare le moschee di Napoli.  Solo al giudice De Magistris mancava l'informazione. di Mario Dergani

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