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Nuovo scontro Cav-Tremonti: "Giulio vuole mandarci a casa"

Il ministro boccia tutte le proposte per la crescita e Silvio si sfoga: "Lo fa per dispetto, senza di lui sarebbe tutto più semplice"

Andrea Tempestini
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I doppi vetri del salone di Palazzo Grazioli trattengono a stento i decibel di una nuova lite. La discussione è sui contenuti del decreto sviluppo. Berlusconi, Romani e altri ministri hanno fatto nottata, martedì, per valutare soluzioni che siano di stimolo all'economia. Adesso si tratta di sottoporre un tot di idee a Tremonti. Facile, a dirsi. Più che una riunione di governo sembra una sessione d'esame all'università, Giulio boccia tutti a libretto. Non gli sta bene nulla. E la temperatura si scalda. Berlusconi non crede che tutte le proposte presentate al titolare di via XX settembre siano impraticabili, non si rassegna all'idea di un decreto sviluppo a costo zero. Torna il sospetto: «Tremonti vuole mandarci tutti a casa, non collabora, non dialoga», ragiona il premier dopo che il ministro è andato via sbattendo la porta, «senza di lui sarebbe tutto più facile, ci sta rendendo il lavoro impossibile,  lo fa per dispetto». Il superministro vuole farla pagare perché il Cavaliere non intende assecondarlo sulla scelta del nuovo governatore di Bankitalia. E anche perché non crede nell'utilità di un decreto sviluppo: quando Giulio varca il portone di via del Plebiscito le agenzie di stampa hanno battuto da un paio d'ore il pensiero tremontiano: le politiche economiche dei governi sono pressoché inutili a stimolare la crescita. Quindi... Ma Berlusconi e tanti altri non la pensano come lui. Stasera si riunisce il gruppo parlamentare del Pdl: «Proporrò ai colleghi di prendere una posizione contro Tremonti», annuncia Guido Crosetto, «il 99 per cento dei deputati non condivide le sue scelte». Lo considerano un corpo estraneo. Ne farebbero volentieri a meno. Eppure rimuoverlo non si può, c'è la crisi economica, bisogna tenerlo lì. Sopportarlo. Silvio? È al limite. La tensione con il ministro è l'apice di una giornata particolarmente tesa. Cominciata presto, con un faccia a faccia al Quirinale. C'è la celebrazione dei nuovi cavalieri del lavoro, Berlusconi sale al Colle con un margine di anticipo e si ritaglia un colloquio di quaranta minuti con Napolitano. L'argomento è Bankitalia. L'opzione che il Cavaliere sottopone è quella di Lorenzo Bini Smaghi, ma non trova il Capo dello Stato entusiasta. Il Quirinale preferirebbe una scelta interna: Fabrizio Saccomanni. Il potere di nomina tocca a Palazzo Chigi, Napolitano non può imporre veti, tuttavia invita a fare presto: il premier ha avuto quattro mesi di tempo per scegliere e ora deve prendersi «la responsabilità» di una decisione evitando divisioni. Non è facile:  Bossi, che vede Tremonti alla Camera, continua a spalleggiare il ministro dell'Economia sul nome di Vittorio Grilli. Il puzzle si complica: le certezze berlusconiane sul nome fanno da contrasto con i timori per la tenuta della maggioranza (ieri a un passo da un nuovo scivolone). Ed ecco che accanto a Bini Smaghi sbuca l'outsider. È Anna Maria Tarantola, vice direttore di Bankitalia. Scelta interna che garantirebbe l'autonomia di Palazzo Koch, Tarantola proprio l'altro giorno è stata protagonista, in via Nazionale, di un convegno sul “talento delle donne”. Occasione in cui ha ottenuto la benedizione di Saccomanni e di altri consiglieri dell'Istituto centrale. Insomma l'ipotesi c'è, è sul tavolo. E oggi Berlusconi prenderà la sua decisione. Lo ha annunciato lasciando il Quirinale: «Invierò al Consiglio superiore della Banca la lettera con il nome». Silvio ha anche risposto all'appello di Napolitano che, nel suo intervento ha chiesto «riforme per la crescita» e «subito». Berlusconi assicura che il governo «sta lavorando al decreto», conferma che «l'ipotesi di un concordato fiscale è allo studio»,  ma poi si sfoga: «Se fosse una cosa facile l'avremmo fatta in quattro e quattr'otto». Un nuovo esecutivo diverso dal suo? «Non vedo come possa apportare novità e non ci sono in giro protagonisti tali da cambiare il livello professionale del consiglio dei ministri». C'è lui. O ci sono le elezioni: «Ma spero che non si voti nel 2012». Eppure è di queste ore la decisione del Pdl di prolungare i tempi del tesseramento. Forse perché a via dell'Umiltà mettono in conto, eccome, l'ipotesi del voto anticipato ai prossimi mesi. di Salvatore Dama

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