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Sindacati e casta privilegiata Chi blocca le nuove pensioni

Il governo farà solo piccoli ritocchi per non scontentare nessuno. Ma politici e avvocati pagano contributi minimi. E in Sicilia si lascia a 45 anni

Giulio Bucchi
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Sindacati e categorie privilegiate: ecco chi blocca davvero la riforma previdenziale. Il ministro Fornero è costretta a parlare solo di piccole riforme per non scontentare Cgil, Cisl e Uil. Risultato? Cancellando i vitalizi d'anzianità si risparmierebbero somme irrisorie. Ecco perché la proposta del governo Monti, un contributivo pro rata per tutti dal 2012 (anche per chi nel 1995, all'epoca della riforma Dini, aveva maturato 18 anni di contributi) e un'età pensionabile non inferiore a 63 anni (con penalizzazioni per chi si ritira tra 63 e 65 anni) non basta. C'è poi tutta una schiera di professioni che dalle aliquote contributive ci guadagna eccome. Architetti, avvocati (stragrande maggioranza in parlamento, neanche a dirlo) e psicologi pagano un terzo del 33% versati dai dipendenti. E i parlamentari? Ancora meglio (per loro), visto che si possono fermare a un misero 8,6 per cento. E anche sui regimi speciali, la giungla delle disparità è intricata. Deputati e senatori, per esempio, possono andare in pensione a 65 anni, limite riducibile a seconda della durata del mandato. Il record però è per i dipendenti della Regione Sicilia: possono andare in pensione a 45 anni. Non a caso, sono 500mila le baby pensioni ancora in vigore.

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