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Ma serviva Monti all'Italia? Nei numeri la risposta

Il Prof nuoce gravemente al Paese: tra spread, fiducia e inflazione sono già stati bruciati 20 miliardi di tasse. La risposta? Arriveranno nuovi balzelli

Andrea Tempestini
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Serviva Mario Monti all'Italia? La risposta dovrebbe  venire dai numeri. Con l'avvento del Prof a Palazzo Chigi lo spread sarebbe dovuto scendere. Non erano infatti Silvio Berlusconi e la sua impresentabilità internazionale a danneggiare i nostri titoli di Stato? Eppure anche ieri non s'è visto il famoso effetto Monti sul differenziale tra Btp e Bund tedeschi. Anzi. Dopo aver toccato quota 514 punti base, l'indice che misura l'affidabilità dell'Italia  ha chiuso a 502. Una  cifra simile che aveva lasciato Berlusconi a metà novembre quando decise di dimettersi «per il bene del Paese». Dopo l'affidamento dell'incarico governativo e la composizione - lenta - della squadra di ministri lo spread è iniziato a scendere. Fino ai 375 punti del 5 dicembre, il giorno dopo la presentazione della manovra triennale da 74 miliardi di euro: soldi veri,  che in teoria avrebbero dovuto convincere i mercati della capacità dei tecnici. Peccato che gli investitori abbiano capito la povertà di questa super finanziaria: con tutte queste tasse non ci sarà crescita nel 2012 e forse nemmeno nel 2013. E allora perché scommettere sull'Italia? Ecco perché in 18 giorni lo spread è tornato a salire fino a quote record, con rendimenti oltre il 7% per i nostri titoli di Stato. Per carità, ieri nelle sale operative erano già in ferie. «La liquidità di mercato è ovviamente più sottile del normale, non solo per effetto della chiusura dell'anno, ma anche per l'impatto sul trading del credit crunch e del conseguente disinvestimento da parte delle banche», si legge in una nota di Credit Agricole. Tuttavia quei pochi che ieri sono rimasti al lavoro, hanno preferito comprare Bund e Bonos spagnoli e sbarazzarsi di qualche prodotto tricolore, sulla scia di  un'intervista con Reuters  di uno dei responsabili di S&P, che ha definito il 2012 un anno impegnativo per la zona euro, specie il primo trimestre per via delle scadenze dell'Italia sul lato dell'offerta. Già mercoledì infatti il Tesoro metterà sul piatto 9 miliardi di Bot semestrali e tra 1,5 e 2,5 miliardi di Ctz, mentre il giorno successivo andranno invece in asta i Btp benchmark a 3 e 10 anni e l'off-the-run settembre 2021 più il CCTeu aprile 2018. Alcuni operatori - sentiti dalla Reuters - sostengono «che il mutamento in positivo del clima dopo ila maxi iniezione di liquidità della Bce, potrà favorire una leggera discesa dei rendimenti in asta», anche se non vedono «un collegamento diretto tra il buon risultato delll'operazione targata Mario Draghi  e la decisione del Tesoro di offrire importi così consistenti».   Chi invece ha piena fiducia in Monti, nonostante lo spread, sono i leader del Terzo Polo. Secondo Pier Ferdinando Casini  «bisogna capire quanti acquisti di titoli italiani la Bce ha fatto prima e quanti ne ha fatti adesso», mentre per Francesco Rutelli    «Monti è consapevole che i compiti a casa li ha fatti e che li fatti bene». Sandro Bondi però non ci sta:  «Nessuno infatti ha ancora ammesso, dalle parti della sinistra e della cultura conformista che domina in Italia  che l'alto livello dello spread non dipendeva» solo da Berlusconi. Così come non è colpa del precedente governo se l'indice di fiducia dei consumatori è sceso, a dicembre,  da 96,1 a 91,6: il livello più basso dal 1996, ovvero da quando sono disponibili le serie destagionalizzate.  Un altro record è quello legato alla  forbice tra l'aumento delle retribuzioni contrattuali orarie (+1,5%) e il livello d'inflazione (+3,3%): la differenza (1,8 punti percentuali)  dal 1997. E in questo caso di chi è la colpa? Delle tasse, Iva in testa. Tasse che Monti intende moltiplicare anche nel 2012, tra manovra e altri aumenti allo studio (estimi catastali e rendite). Peccato però che tutti questi balzelli non faranno altro che deprimere l'economia, aumentare il deficit/Pil e, di conseguenza, far scappare gli investitori. E poi ci si chiede perché lo spread non scende... di Giuliano Zulin

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