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Il capo può spiare la tua email Sentenza della Cassazione

Datore lavoro può controllare messaggi di posta elettronica nei casi in cui ci sia in gioco l'immagine dell'impresa

Andrea Tempestini
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Il datore di lavoro potrà spiare la posta elettronica dei suoi dipendenti per accertare comportamenti scorretti (un esempio: l'insider trading) che poco o nulla hanno a che fare con il contratto che lega un dipendente all'azienda. Il datore di lavoro potrà controllare la posta elettronica nei casi in cui ci sia in gioco l'immagine dell'impresa e del patrimonio aziendale. Lo ha spiegato la corte di Cassazione in una sentenza di giovedì 23 febbraio con cui è stato confermato il licenziamento di un alto dirigente di istituto di credito che speculava grazie al possesso di informazioni finanziarie riservate (insider trading, appunto). Le motivazioni - La sentenza 2722 della sezione lavoro respinge così il ricorso dell'ex dirigente di Bipop Carire contro il licenziamento che risale all'aprile del 2004 "per aver divulgato a mezzi di messaggi di posta elettronica, diretti a estranei, notizie riservate concernenti un cliente dell'Istituto e di aver posto in essere, grazie alle notizie in questione, operazioni finanziarie da cui aveva tratto vantaggio personale". Il licenziamento è stato confermato sia in primo grado sia in appello, ritenendo non contrastante con l'articolo 4 dello Statuto dei lavoratori "il  controllo della posta elettronica del dipendente, in quanto diretta ad accertare ex post una condotta attuata in violazione degli obblighi fondamentali di fedeltà e riservatezza e postasi in contrasto con l'interesse del datore". "Controlli illeciti" - Secondo la corte d'Appello di Brescia la condotta del manager era stata di "indubbia gravità e particolarmente lesivo dell'elemento fiduciario, in quanto il suo comportamento nasceva da un abuso della sua elevata posizione professionale". Alfredo B., la persona colpita del licenziamento, senza successo ha contestato la legittimità del licenziamento sostenendo che fossero illeciti i controlli effettuati sulle sue e-mail. La Cassazione ha risposto sottolineando che un caso del genere non rientra nella tutela dell'articolo 4 dello Statuto dei lavoratori che vieta i controlli datoriali troppo invasivi. "Il datore di lavoro - ha spiegato la Suprema Corte - ha posto in essere un'attività di controllo sulle strutture informatiche aziendali che prescindeva dalla pura  e semplice sorveglianza sull'esecuzione della prestazione lavorativa degli addetti ed era, invece, diretta ad accertare la perpetrazione di eventuali comportamenti illeciti (poi effettivamente riscontrati) dagli stessi posti in essere".

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