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Ambiente, salute, costi: tutte le balle dei No Tav

Ecco tutto quello che non ci dicono sull'Alta Velocità: solo una parte degli abitanti si oppone all'opera, ma in 1.000 fanno più rumore di tutti

Lucia Esposito
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Ecco un piccolo vademecum sulla Tav per ridimensionare le leggende sull'inutilità della nuova linea ferroviaria che colleghera Milano e Lione. Per ascoltare i soliti luoghi comuni è sufficiente frequentare la miriade di siti web dei no Tav. Quel che manca, è proprio l'informazione di prima mano sul progetto che sembra dividere l'Italia. Grazie alla collaborazione di Mario Virano, il Commissario Straordinario del Governo per il coordinamento delle attività finalizzate agli approfondimenti di carattere ambientale, sanitario ed economico relativi all'asse ferroviario Torino-Lione, rispondiamo con i dati tecnici ai quesiti più comuni sull'argomento. La partecipazione popolare  Secondo Virano, «sull'intera popolazione della Val di Susa si può ragionevolmente ritenere che c'è una parte di circa 15mila persone che, se potessero, eviterebbero di dover fare i conti con i cantieri. E ogni volta che c'è la possibilità di esprimere pacificamente questo convincimento, lo fanno. Poi però c'è una quota minoritaria, nell'ordine di 1.000-2.000 persone che ritengono di doversi battere sul campo per impedire che la linea si faccia e 300-500 persone che cercano deliberatamente lo scontro». La maggioranza della popolazione invece ha seguito l'evolversi del progetto e ha «anche metabolizzato l'opera facendola diventare un valore aggiunto per il proprio territorio». Tanto più che gli unici due comuni interessati dai cantieri, Chiomonte e Susa, sono favorevoli. Quelli che si oppongono non sono interessati da alcun lavoro. Per la zona più prossima a Torino, da Avigliana fino a Settimo Torinese, su dieci Comuni, nove sono favorevoli e solo uno (Rivalta) tentenna. Val di Susa isolata Nei fatti, si è lavorato con l'apporto dei Comuni interessati (33 più Torino) per “territorializzare” il progetto: questo porterà vantaggi concreti. Per esempio, il Comune di Susa ha ottenuto la realizzazione della stazione internazionale passeggeri, che consentirà a un turista proveniente da Londra o da Parigi di avere una fermata al centro della Valle e poi, con le navette, di andare direttamente sui campi da sci. Ben 170 firme di tutto il mondo hanno partecipato al concorso di architettura. Ne sono stati selezionati cinque, fra cui Norman Foster e Kengo Kuma. Entro 100 giorni dovranno presentare la loro proposta ed entro il 2012 il progetto definitivo. Nel 2023 dovrebbe essere finito tutto. Il presunto “scempio” È «un tunnel di base, identico a quello che è in corso di ultimazione al Gottardo e analogo a quello che è in corso di lavorazione al Brennero. Sono tutti lunghi intorno ai 55-57 chilometri. Ma la cosa particolare è che di quei 57 chilometri, 45 sono in territorio francese e solo 12 in territorio italiano. E i francesi lo caldeggiano», risponde l'architetto Virano. Pericoli per la salute Non ve ne sono, innanzitutto perché «il progetto e le verifiche sono sottoposti a misure di controllo da parte del ministero dell'Ambiente e dell'Arpa. Ci sono tutte le garanzie dal punto di vista della procedura amministrativa». Se qualcuno non si sentisse tutelato a sufficienza, Virano ricorda che «nella stessa montagna è in corso la costruzione di una galleria di 12 chilometri, uguale, per la realizzazione del tunnel di sicurezza dell'autostrada del Frejus, e non è oggetto di nessuna problematica. Qualche anno fa nella stessa montagna è stata scavata, circa per la stessa lunghezza, una galleria sotterranea per le condotte idrauliche a Pont Ventoux, senza trovare alcuna traccia di sostanze pericolose come l'uranio». Inquinamento acustico È un'osservazione priva di fondamento perché i treni passeranno in galleria. Anzi, in due gallerie separate, una diretta verso la Francia e una verso l'Italia. Quanto alla tossicità, il passaggio dei camion, attualmente, è enormemente più dannoso dell'alta velocità. L'attuale linea è sufficiente È obsoleta, non tanto dal punto di vista della circolazione, ma perché il mercato non se ne avvale più. «Di che si stupiscono? Che gli operatori l'abbiano abbandonata?» , si domanda a sua volta l'architetto Virano. Traccia un paragone con «la Olivetti Lettera 22 dei vecchi giornalisti. Se lei avesse continuato a lavorare con quello strumento, i clienti non sarebbero più venuti da lei. E quindi l'avrebbe sottoutilizzata». Si potrebbe ammodernare In realtà, si tratta di realizzare il tunnel di base di attraversamento della Alpi nel quadrante ovest: una galleria, fatta ai piedi della montagna a circa 400 metri di quota in pianura, invece della linea storica del Frejus che viaggia a 1.450 metri di quota. In sostanza sul tracciato fatto da Cavour e inaugurato nel 1871 non passano la maggior parte dei container utilizzati attualmente alle altezze, misurate secondo indicatori standard: i Pc 60 e 85. Urterebbero con gli spigoli. Si è già provveduto ad abbassare il pavimento, lavorando per sette anni su una lunghezza di 14 chilometri, perché, invece di chiudere il traffico fra Italia e Francia per qualche anno si è preferito giustamente lavorare su un solo binario. Con ritardi enormi per la circolazione delle merci. Comunque, finalmente, nei prossimi mesi ci passeranno i container di sagoma Pc 45, ma con penalizzazioni di velocità e probabilmente si dovrà evitare di far incrociare treni con i container. Opera a quota troppo bassa Lo avrebbero fatto anche nel 1800, ma allora non c'erano le tecnologie per creare un traforo più lungo di 10-12 chilometri.  Siccome i treni passeggeri e merci sono efficaci e competitivi quando vanno in pianura, bisogna fare i tunnel di base e bucare in pianura. Oggi da noi i treni devono arrampicarsi fino a 1.250 metri di quota. E per andare in salita, occorrono due o tre locomotori. Si tratta di costi e tempi che mettono fuori mercato la linea. Perciò la nuova è più bassa di mille metri. Scarsi risparmi di tempo Virano giudica «buffo» il rilievo, perché fondato su un errore: considerarla come una tratta che serve esclusivamente la Val di Susa. «Se invece la si proietta sulla lunghezza delle relazioni fondamentali, dai 300 chilometri in su, cambiamo la geografia dell'Europa. Che ora si misura con l'orologio non con i chilometri. E fornisce alcune cifre. Sul collegamento Torino-Chambery, i tempi saranno più che dimezzati e, dagli attuali 152 minuti, si passerà a 73 minuti per il trasporto passeggeri. Per le merci, dove non conta tanto la velocità, a parità di trazione, il carico trasportato da 1.050 tonnellate viene portato a 2.050. Ma per tornare al tempo guadagnato, nella tratta fra Milano e Parigi scenderà da oltre 7 a 4 ore. Per andare a Barcellona, ci vorranno 5 ore e mezza rispetto alle 13 e 20 attuali. Fino a Bruxelles da 10 ore si arriverà a 5 e 15. Per raggiungere Londra, il viaggio diminuirà da 11.05 ore a 6.15. Da Roma a Parigi si impiegherà lo stesso tempo che ora serve per andare da Milano a Parigi. Da Milano a Lione ora ci vogliono 6 ore e si arriverà in 2 e 15. Da Milano a Marsiglia: oggi 7 ore e 50 domani 3.15. Sono risparmi enormi. E, più le direttrici sono lunghe, più si apprezza l'effetto della trasformazione. Fra Milano e Madrid, da 19.30 si scende a 8. Non si giudicherà più in base alla lunghezza, ma al tempo. Progetto non economico «La Svizzera, con soldi propri e senza contributo europeo né condivisione con altri Paesi, ha deciso di realizzare due gallerie, il Loeschberg e il Gottardo, quando aveva complessivamente fra strada e ferrovia, 20 milioni di tonnellate di flusso annuale. Nel nostro quadrante, sono 40 milioni stabili da molti anni, salvo una flessione nel 2009 immediatamente recuperata nel 2010-2011. Questa direttrice, baricentrica, della Regione Alp-Med, che comprende le cinque Regioni transalpine: 17 milioni di abitanti, un milione e mezzo di imprese, 500 miliardi di Pil all'anno e 11 miliardi di interscambio. È l'equivalente di un medio Paese europeo. Sarebbe come dire che non si giustifica la ferrovia fra Amsterdam e Rotterdam nei Paesi Bassi», afferma Virano. Aggiunge qualche dettaglio sui costi, stimati in 20 miliardi di euro: «Il 40% lo mette l'Ue a fondo perduto. Il restante 60% è diviso fra Italia e Francia. Noi finanziamo il 57,9 di quel 60%, mentre la Francia si paga il 42%. Perché questa differenza? Perché la tratta italiana, da Susa a Torino è molto breve. Quindi gli investimenti ulteriori che l'Italia dovrà fare saranno minori, mentre la distanza fra St. Jean de Morien e Lione è maggiore e i francesi investire di più. Il calcolo si definisce “preventiva correzione ponderata”». a cura di Andrea Morigi

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