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Case, opere d'arte e diritti Eredità: non c'è testamento

L'artista non ha lasciato un testamento e non ha parenti stretti. Voleva costituire un ente per gestire i suoi beni, ma non ha fatto in tempo

Nicoletta Orlandi Posti
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Via D'Azeglio, a Bologna, è un mare di fiori e bigliettini: tutti piangono Lucio, l'amico e l'artista. Ma dentro casa, subito dopo l'improvvisa scomparsa di Dalla, non ci sono che il suo avvocato, Eugenio D'Andrea, il manager, Bruno Sconocchia e il fiscalista. Nessuno della famiglia. Lucio aveva solo parenti lontanissimi. Così, i primi a essere raggiunti dai giornalisti (e a ricevere le condoglianze di fan e curiosi) sono i tre professionisti che, oltre a curare i suoi affari, erano diventati per lui dei veri e propri punti di riferimento. Lucio Dalla non ha lasciato testamento, o almeno il suo entourage non se ne sa nulla. Ne è all'oscuro perfino Marco Alemanno, l'attore e vocalist che gli era più vicino di chiunque altro e che si trovava con lui, in tournée, a Montreux. Solo cose dette a voce; nessuna volontà scritta. Il cantautore non amava affrontare questo argomento, a quanto testimonia chi lo conosceva bene; ogni volta glissava. Del resto, lo stesso Dalla, in uno speciale Rai a lui dedicato qualche anno fa, dichiarava: «A chi andrà la mia eredità? È un problema che non mi pongo, ma che riguarderà chi casomai erediterà. Non ho parenti, se Dio vuole». Diretti consanguinei, effettivamente, non ne aveva; di sicuro, però, con il suo patrimonio, Lucio Dalla avrebbe potuto favorirli. La casa del cantautore è un museo: la sua collezione d'arte spazia da Klimt all'Ottocento napoletano. Per non parlare dei cimeli di arte antica e della sala cinematografica che si trova nell'appartamento stesso. In più, Lucio Dalla possedeva una villa con studio di registrazione annesso alle Tremiti e una residenza alle falde dell'Etna (una casa nel Pesarese è stata venduta qualche tempo fa). Ma a fare la differenza è soprattutto il colossale volume di diritti d'autore su oltre seicento canzoni:  le cifre si fanno da capogiro. Un patrimonio esorbitante e difficilmente stimabile. L'avvocato D'Andrea racconta di aver partecipato solo una settimana fa a una riunione con Dalla e Fabio Roversi Monaco, presidente della Fondazione Carisbo. Il cantautore, a quanto sembra, cercava consigli e, magari, una collaborazione per dare vita a un ente che avrebbe dovuto, dopo la sua scomparsa, gestire i suoi beni, le canzoni e l'eredità. Dalla voleva, insomma, che chi era stato al suo fianco continuasse a lavorare sulle cose che un giorno avrebbe lasciato. Ma, purtroppo, non c'è stato il tempo di mettere in atto il progetto. La Fondazione, comunque, stando sempre a quanto spiegato da D'Andrea, non era una priorità del cantautore, che in fondo stava bene e si sentiva in forma. Subito dopo aver parlato con i giornalisti in via D'Azeglio, l'avvocato è partito alla volta di Montreux per organizzare i funerali di Bologna. Al momento, spiegano dal suo studio legale, il solo obiettivo è fare in modo che Lucio torni in Italia, a casa, tra la gente che lo amava. Tutto il resto, eredità compresa, viene dopo. Forse, qualche lontanissimo parente è già saltato fuori, ma è prematuro discuterne. Intanto, c'è già una erede che da tempo si giova degli averi di Lucio Dalla: la sua Bologna. Il cantautore non ha aspettato di morire per mostrare l'impegno nei confronti della città. Ha finanziato il restauro di alcune opere d'arte nel complesso monumentale di Santo Stefano; era stato in prima linea nella battaglia a favore di una Casa della musica e di recente aveva scoperto un piccolo teatro, il Navile di via Marescalchi. Voleva farne un luogo di sperimentazione internazionale, ma non ha fatto in tempo. di Giovanni Luca Montanino

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