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Alfano cresce nei sondaggi: paga la linea dura su Monti

Secondo le rilevazioni l'atteggiamento del segretario è apprezzato dagli elettori. Pdl tra il 23-24%, il Pd è fermo al 26%

Lucia Esposito
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La novità: qui a Orvieto debutta, come colonna sonora ufficiale delle manifestazioni del Pdl, «Gente della libertà». Il dubbio: a un ascolto ripetuto, assomiglia un po' troppo alla sigla di «Candy Candy». La conferma: Angelino Alfano non attenua i toni della polemica politica, a dimostrazione del ritrovato quid. Il dramma: l'elaborazione dell'assenza del capo. Tutti i dirigenti insistono perché Silvio Berlusconi dia più spazio al segretario politico, ma quando effettivamente lo fa, la non-presenza del leader si fa sentire. E parecchio. Il Cavaliere è dall'altra parte del mondo (in Russia, con Putin e Medvedev), ma questi ne parlano come se  fosse transitato  all'altromondo. Con giusto corredo di scongiuri e toccamenti. Gli azzurri parlano di «carisma», di «epifania», del «giudizio degli storici» sull'ex premier. Lo fanno al passato. «Avevamo il vento che soffiava alle spalle e si chiamava Berlusconi», rievoca Ignazio La Russa. Ora che «soffia in faccia e rallenta il cammino», bisogna tenersi stretto il partito.  «Siamo vissuti finora trainati da un grande carisma», riflette Fabrizio Cicchitto, «oggi questo carisma c'è, ma è attenuato e dobbiamo compensarlo con la costruzione di un partito degno di questo nome».  Ma inneggiare al «primato della politica», come fa Gaetano Quagliariello, mentre la stessa abdica ai tecnici alzando bandiera bianca di fronte alla crisi, ha un che di utopico, data la fase storica. È un momento così. Il fuoco di Angelino Pure la partecipazione, insomma, lascia a desiderare. Coraggioso Sandro Bondi a scegliere proprio questa fase di riflusso per organizzare una scuola di formazione politica, ma il pubblico si fa un po' desiderare. Certo, è un giovedì pomeriggio lavorativo. Però la frustrazione di un movimento si palpa. L'apatia è rotta dall'intervento di Alfano, la cui leadership è evocata nei discorsi di Denis Verdini, di Maurizio Gasparri, di Massimo Corsaro, che lo precedono al podio del monumentale centro congressi di Orvieto.  È ancora l'Angelino incendiario del giorno prima, quello che ha mandato a monte la riunione con Monti: «Non abbiamo partecipato a un vertice che non parlava al popolo ma al palazzo», spiega, «siamo leali al premier ma con la schiena dritta. Non ammainiamo la bandiera, siamo il primo gruppo parlamentare e cresciamo nei sondaggi di opinione». Prima di partire per Orvieto, Alfano ha dato sostegno al governo sul decreto semplificazioni: «Oggi abbiamo dato 181 voti di fiducia a Monti. Siamo più degli altri, non ci facciamo dettare l'agenda dal Pd e dall'Udc». La Rai non si tocca Vogliono le poltrone Rai? «A noi non interessa». Vogliono parlare di giustizia? «Noi abbiamo le idee chiare, proponiamo una grande sessione di lavoro in Parlamento». Il disegno di legge anticorruzione «è nostro», rivendica, «porta la firma mia e di Berlusconi». Il dibattito deve riguardare le Camere e non il governo: «Monti è stato chiamato a governare non per occuparsi di giustizia, ma per affrontare la crisi economica». Pertanto lo strappo di mercoledì è presto spiegato: «Eravamo stati chiamati a una riunione paradossale». Perché se Pd e Udc «vogliono andare nella stanza dei bottoni avendo perso le elezioni, noi diciamo no». Bersani e Casini «sono al governo per una congiuntura straordinaria, non sono passati per il consenso del Paese».  Le elezioni sono state vinte da Pdl e Lega. E proprio con Bossi, il segretario ha avuto un colloquio telefonico nelle ultime ore: «Se avessimo badato al nostro interesse, saremmo andati al voto e ci saremmo tenuti stretti la Lega». All'ex Guardasigilli non va di sparare sull'ex alleato per il caso Boni: «Esprimeremo sostegno alla Lega, se quello della procura di Milano si rivelerà  un attacco politico». Anche se l'alleanza elettorale col Carroccio è finita, Alfano non teme il voto amministrativo: «Non siamo impressionati da questa campagna elettorale né dai risultati. Sono elezioni locali e si svolgono in un tempo sospeso», cioè in un momento di grande confusione politica. Sul piano nazionale, afferma il delfino, il Pdl torna a crescere. Inversione I sondaggi dicono che via dell'Umiltà  si attesta, secondo Euromedia Research, tra il 23 e il 24 per cento: la discesa s'è fermata. Così come s'è piantata la crescita del Pd, accreditato di un 26 per cento. I sondaggisti considerano lo strappo di Alfano «un'indicatore forte di vitalità» che di certo «sarà  stato apprezzato da buona parte dell'elettorato Pdl». Il segretario è fiducioso: «Al momento giusto gli italiani ci voteranno, dall'altra parte non vedo leadership e programmi: Bersani, Vendola e Di Pietro non sono una novità  rispetto ai caravanserragli del passato». Orvieto va avanti fino a domani, giorno in cui dovrebbe chiudere Berlusconi. Di persona (se fa in tempo a rientrare dalla Russia) o, più probabilmente, in collegamento telefonico. di Salvatore Dama

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